In audizione in Commissione Affari Sociali alla Camera i rappresentanti di CNOAS, FNOPI, FNOVI e FOFI
Mentre imperversa la crisi politica, le Commissioni continuano il loro giro di audizioni per capire come modificare il Recovery Plan, o meglio il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che permetterà all’Italia di ottenere oltre 200 miliardi tra prestiti e risorse dirette messe a disposizione dall’Unione europea.
I rappresentanti dei farmacisti, dei veterinari, degli infermieri e degli assistenti sociali, pur con ricette diverse, sembrano d’accordo su alcuni punti: Il PNRR ha delle lacune in alcuni punti e, onde evitare di perdere una occasione del genere, occorre lavorare per migliorarlo. «Ampliare le competenze infermieristiche» è la strada tracciata dalla Presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli che ha anche sottolineato l’importanza del lavoro multi professionale. Un concetto che ha trovato sponda in Luigi D’Ambrosio Lettieri, Vicepresidente FOFI, che ha chiesto «la piena attuazione e il potenziamento della farmacia dei servizi». Lamenta l’assenza di qualsiasi riferimento alla professione veterinaria Gaetano Penocchio, Presidente FNOVI, che chiede anche di «rafforzare la rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali». Lancia l’allarme povertà Gianmario Gazzi, Presidente CNOAS, che, con l’aggravarsi della crisi, potrebbe generare «tensioni sociali». Per questo invita a rivedere il Reddito di cittadinanza e a potenziare i servizi sociali territoriali, soprattutto al Sud.
Per la FNOPI (Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche) in audizione hanno parlato la presidente Barbara Mangiacavalli e il tesoriere Giancarlo Cicolini.
Secondo FNOPI è indispensabile risolvere la cronica e grave carenza infermieristica da anni denunciata dalla Federazione che la quantifica in almeno 53mila unità (ma non a tempo determinato e con contratti flessibili), cifra questa che non equipara ancora il nostro Paese ai partner europei. «Il recentissimo rapporto Sanità del Crea Sanità dell’Università di Tor Vergata di Roma, infatti, denunciando la carenza ha utilizzato per definirla i parametri europei secondo i quali mancherebbero almeno 162.972 infermieri se rapportati al complesso della popolazione e addirittura 272.811 se rapportati alla popolazione ultra 75enne, che poi è quella di riferimento soprattutto sul territorio», si legge in una nota della Federazione.
La via da seguire è quella di ampliare le competenze infermieristiche sia dal punto di vista del numero dei professionisti sia, soprattutto, sul versante delle specializzazioni e delle capacità di programmazione del sistema, e riformando i percorsi di formazione.
«Perché ci sia un vero cambiamento e il sistema si modelli sui nuovi standard e sulle nuove esigenze – commenta Barbara Mangiacavalli – si deve dare valore alle nuove competenze che gli infermieri hanno sviluppato: non si devono solo ‘spendere risorse’ per far funzionare il sistema, ma anche ‘nuove competenze’, ora bloccate da meccanismi che ancora seguono la regola ormai obsoleta e vecchia di decine e decine di anni di chi fa cosa senza tenere conto della qualità e della formazione acquisita. La resilienza del Ssn passa soprattutto per la valorizzazione e l’avanzamento delle competenze infermieristiche, l’innovazione delle politiche di tutti i professionisti sanitari e dei modelli organizzativi. Ma per farlo davvero bisogna avere il coraggio di cambiare e il PNRR è una grande opportunità da non sprecare».
La parola chiave per Mangiacavalli è multi professionalità: «L’assistenza sul territorio può essere disegnata con le Case di comunità e gli altri servizi pensati per renderla efficiente. Ma non lo sarà mai se a questi non verranno date vere gambe con una reale multi professionalità, multidisciplinarietà e una vera ed efficiente organizzazione distrettuale nella quale un’attività core è quella dell’infermiere di famiglia e comunità, figura nuova ed essenziale che deve decollare in autonomia e in sinergia con le altre professioni. Chiediamo coraggio alle istituzioni perché non possiamo più permetterci di continuare a sostenere il concetto che si possa lavorare da soli. Occorre superare il sistema verticistico-gerarchico per andare su progetti orizzontali. I bisogni sono sempre più complessi. Prenderci in carico famiglie fragili significa fare lavoro di rete».
Anche la Federazione dei farmacisti ha sottolineato la necessità di potenziare la medicina del territorio nel quale questa professione può giocare un ruolo rilevante grazie alla capillarità. «Considerando l’aumento delle cronicità, i nuovi modelli di governance devono garantire la continuità assistenziale ospedale-territorio – ha spiegato Luigi D’Ambrosio Lettieri, Vicepresidente FOFI -. Bisogna considerare che negli ultimi anni di vita si registra il maggior consumo di prestazioni sanitarie e quindi un aumento della spesa, quattro volte superiore rispetto a quella media. Nel periodo di età 65-85 anni si concentra il 72% della spesa farmaceutica complessiva».
Anche Lettieri ha rilevato come sia necessario potenziare la multidisciplinarietà: «I LEA e il Patto per la Salute fanno esplicito riferimento al ruolo della professione farmaceutica e alla farmacia con particolare riferimento alla cronicità».
Poi ha ricordato i numeri che rappresentano la capillarità delle farmacie sul territorio: «La farmacia rappresenta un valore per la sua distribuzione sul territorio. Sono 3.129 gli assistititi per farmacia, 65mila i farmacisti operanti nell’ambito delle farmacie di comunità che hanno contatti con 3 milioni al giorno di persone. 6.700 le farmacie rurali che assistono 10mila persone, 4.200 operano in centri inferiori a 3mila abitanti».
La FOFI non è convinta del ruolo delle Case di Comunità: «L’investimento che si intende fare – spiega Lettieri – non coglierebbe il valore della prossimità che è già garantito dalla presenza sul territorio da professionisti che dovrebbero essere messi in una rete multidisciplinare e aiutati dalla sanità digitale.
La FOFI chiede la piena attuazione e potenziamento della farmacia dei servizi, di dare impulso alla sanità digitale attraverso le moderne tecnologie e l’implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, oltre a nuove assunzioni di farmacisti pubblici.
Chiede di fare presto Gianmario Gazzi, Presidente del CNOAS, il Consiglio Nazionale Ordini Assistenti Sociali, perché la crisi economica morde e si rischiano tensioni sociali difficili da gestire.
«Occorrono certezze nel diritto dei cittadini all’aiuto, a non sentirsi soli. La pandemia non è democratica, ha colpito le persone che già prima erano in difficoltà», ha ricordato il Presidente CNOAS -. Si devono rimuovere gli ostacoli ai diritti costituzionali. Innanzitutto rimuovendo i vuoti normativi: la legge 328 del 2000. Noi non possiamo pensare di rendere operative le misure presenti nel piano se non definiamo il contesto in cui ci si muove.
Gazzi ricorda come di fatto «manca un comparto del socio-sanitario. Si gioca sempre in una dicotomia tra sanitario e sociale dove la governance non è chiara. Alcune misure lungimiranti delle politiche sociali si sono infrante per questo motivo».
E poi aggiunge: «Abbiamo il timore che anche ingenti risorse di provenienza europea rimangano non spese. Chiediamo in primis una semplificazione delle procedure: se vogliamo rendere la nostra amministrazione territoriale capace di rendere concrete le misure previste dal piano è necessario introdurre un meccanismo di semplificazione».
Altro punto è la lotta alla povertà. «Non è chiaro come si vorrà intervenire nelle misure di contrasto alla povertà. Sul Reddito di cittadinanza è necessario fare degli aggiustamenti. L’assenza di lavoro non determina la povertà, a monte ci possono essere altre situazioni difficili: salute mentale, dipendenze, separazioni tra coniugi».
Infine, un appello per il Sud: «Nel meridione ci sono ancora oggi enti territoriali senza servizio sociale professionale e che non hanno strutturato dei servizi. In questi territori i diritti costituzionali non sono garantiti, bisogna agire».
«Nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia non c’è nessun riferimento, alla sanità pubblica veterinaria, al medico veterinario e alla sua valorizzazione». Va dritto al punto il Presidente della FNOVI (Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani) Gaetano Penocchio che si augura che «siano colmate queste lacune e venga rafforzata la visione di cui parliamo da anni e che il piano si propone di adottare».
Sei le linee di intervento su cui punta la FNOVI. In primis il consolidamento del sistema di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare: «Occorre rafforzare la rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e implementare le garanzie sanitarie per il commercio e l’export degli animali vivi, dei loro prodotti ed alimenti di origine animale» sottolinea Penocchio.
Altro punto chiave è la transizione ambientale e la sostenibilità con l’ipotesi di promuovere un’analisi dei sistemi produttivi, per ridurre l’uso di fitosanitari, e la transizione verso sistemi di controllo sostenibili. E poi ancora la reingegnerizzazione dei Sistemi Informativi che dovrà partire dall’analisi dei bisogni informativi a livello nazionale e internazionale, la promozione del veterinario aziendale, un sistema di qualità nazionale per il benessere animale.
Ultimo passaggio sulla scuola di specializzazione in sanità pubblica veterinaria. «È tempo di rivedere organizzazione e modalità di erogazione dei percorsi specialistici in medicina veterinaria – spiega Penocchio -. Serve un adeguato investimento di risorse per garantire il numero di medici veterinari di cui nei prossimi anni il Ssn avrà bisogno. Analogamente a quanto avviene in medicina umana, occorre pensare ad una certificazione ed al monitoraggio della qualità formativa delle Scuole di Specializzazione. In medicina umana esiste l’Osservatorio Nazionale della Formazione Medica Specialistica che verifica la piena attuazione dei sistemi di accreditamento contenuti nel DM 402/2017».
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