Il presidente della Regione Campania ha aperto il suo intervento al VII convegno nazionale Anmdo – Card tenutosi a Napoli sul tema dell’appropriatezza nel Ssn. Tra i temi anche il regionalismo differenziato
«Siamo stati commissariati perché siamo stati degli irresponsabili, questo vale per il partiti di centro, la destra e la sinistra. Ora però la situazione è cambiata, e la Campania ha le carte in regola sui conti e sui LEA. Motivo per il quale non tollereremo che il commissariamento della sanità campana vada oltre il mese di novembre». Così, con una forte presa di posizione, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha aperto il suo intervento al VII convegno nazionale Anmdo (Associazione nazionale medici direzioni ospedaliere) – Card (Confederazione associazioni regionali di distretto) tenutosi a Napoli sul tema dell’appropriatezza nel servizio sanitario nazionale, condivisione di strategie tra ospedale e territorio. L’incontro è stato incentrato sui temi più caldi per la sanità regionale e nazionale, a cominciare dal tanto discusso regionalismo differenziato. E anche su questo punto il presidente De Luca ha mostrato di avere le idee molto chiare.
«Se il riparto del fondo sanitario nazionale è omogeneo – ha detto – accettiamo la sfida. Siamo partiti 15 anni fa adottando due criteri per il riparto: l’anzianità della popolazione e la deprivazione sociale. La Campania – ha aggiunto – ha la popolazione più giovane di Italia e riceve di meno rispetto alla Liguria con più anziani. Il secondo criterio è stato dimenticato del tutto nel corso degli anni. Per cui noi subiamo un taglio strutturale di 300milioni in maniera irrazionale». Per De Luca, occorre rivedere anche il primo criterio perché in Campania «ci sono patologie infantili e giovanili che stanno diventando piaghe sociali: problemi alimentari, tossicodipendenze, alcolismo, obesità. Chiariti questi punti – ha proseguito – siamo d’accordo su tutto e dobbiamo stare attenti al rigurgito di centralismo cui stiamo assistendo».
Una delle domande cruciali emerse dalla Tavola Rotonda è se il regionalismo differenziato possa ancora garantire l’applicazione dei principi di universalità ed uguaglianza nell’accesso alle cure, un baluardo etico imprescindibile nel nostro Ssn. «Il tema è delicato e sono condivisibili le preoccupazioni in tal senso» spiegano Giuseppe Matarazzo (vicepresidente Anmdo) e Gennaro Volpe (presidente Card): «L’accessibilità ai servizi e alle cure sono aspetti cruciali e determinanti nel rapporto tra cittadini e Servizio Sanitario, in quanto le modalità adottate dall’organizzazione deputata alla gestione dei percorsi di accesso influenzano l’efficacia del processo diagnostico, terapeutico e assistenziale e condizionano la qualità e l’efficienza della risposta dei servizi sanitari al cittadino».
Ciò che emerge, in sintesi, è l’importanza di saper usare al meglio le risorse disponibili, promuovendo scelte basate sul rapporto costo-utilità e costo-efficacia e favorendo le prescrizioni appropriate, senza giustificare una spesa maggiore a fronte del medesimo risultato clinico. Solo attraverso l’appropriatezza si potrà garantire la cura migliore per tutti, grazie ad un modello di erogazione dell’assistenza in grado di conciliare i valori di fondo dei sistemi di tutela della salute.
Per Volpe «il servizio sanitario è ancora troppo centrato sull’ospedalizzazione, retaggio di una cultura dell’ospedale superata da decenni in favore di un sistema integrato ospedale-territorio. Ecco perché la sfida da vincere è ora quella della riorganizzazione delle cure territoriali, una sfida alla quale la politica regionale crede molto e per la quale ha programmato un nuovo piano territoriale e la riorganizzazione delle cure primarie». L’esigenza di accelerare sul potenziamento del territorio non deve essere però interpretata a scapito della funzione ospedaliera, avverte Matarazzo. «Il ruolo degli ospedali resta centrale in un sistema che intenda garantire appropriatezza delle cure. Abbraccio l’indicazione di potenziare il territorio – precisa Matarazzo – ma sarebbe un errore se questo avvenisse a scapito dell’assistenza ospedaliera. Non dimentichiamo mai che al momento l’ospedale è tra le poche certezze che restano ai cittadini.
Il problema è capire a che punto sia la Campania in questo percorso a ostacoli. Matarazzo non ha dubbi: «Non siamo messi male – dice – la nostra situazione è paragonabile a quella di molte altre regioni sottoposte a piano di rientro. Ma ora non possiamo più permettere che ragioni economiche influiscano su scelte assistenziali, e in Campania dieci anni di tagli e blocco del turnover si fanno sentire. In definitiva – afferma Matarazzo – dieci anni di commissariamento hanno “strangolato” l’assistenza. Abbiamo raggiunto il pareggio di bilancio e si sta lavorando molto sui Lea, ma non si può ignorare che anche in questo senso l’asticella è posta sempre un po’ più in alto. Il ministero sta già sperimentando nuovi indicatori, che alla fine spingono l’organizzazione in un senso o nell’altro, e questo a volte può avere effetti di adeguamento verso la misurazione di quell’indicatore. Dovremmo provare ad arricchire il ragionamento, ricordarci di mettere al centro del nostro interesse il paziente e costruire attorno a questo dei percorsi. Un’ottica nella quale si comprende bene che non esistono dicotomie ospedale-territorio, ma solo appropriatezza».
«Al centro dovranno esserci i distretti e i medici di medicina generale – conclude Enrico Coscioni, Consigliere del presidente della Regione sui temi attinenti la Sanità – poi partiremo al più presto con le UCCP che hanno competenze specialistiche ma al tempo stesso vedono una forte presenza della medicina generale. Da evitare le sliding doors delle riospedalizzazioni ripetute per le cronicità. Se il paziente cronico viene preso in carico con PDTA regionali in maniera coerente e costante impedisce il ricovero inutile e questo servirà anche ad alleggerire i Pronto Soccorso».