La ricerca del team londinese ha diviso i cluster a seconda dei sintomi. A seconda delle manifestazioni del virus, si potrebbero prevedere i ricoveri otto giorni prima dell’aggravarsi delle condizioni del paziente
Esisterebbero sei “tipi” diversi di Covid-19, con sintomi e prognosi differenziate. Quanto hanno concluso gli scienziati del King’s College di Londra, analizzando i dati dell’app Covid Symptom Study. I risultati, se confermati, potrebbero aiutare nella gestione clinica della malattia da Sars-CoV-2, prevedendo i pazienti più a rischio. La ricerca prestampata e senza peer review si trova su “medRxiv“, a firma di Carole H. Sudre e altri.
Nonostante tosse continua, febbre e anosmia (perdita dell’olfatto) risultino ormai i sintomi chiave di Covid-19, secondo i dati dell’app molte persone hanno sperimentato sintomi diversi durante la malattia. Tra questi mal di testa, dolori muscolari, affaticamento diffuso, diarrea, senso di confusione, respiro difficoltoso e perdita di appetito. Molti contagiati pauci-sintomatici tuttavia, sperimentano una simil-influenza o anche una semplice eruzione cutanea, eppure possono arrivare a contrarre la malattia gravemente.
L’idea del team londinese è stata quella di indagare quali possano essere le spie sintomatiche di un’evoluzione nefasta del nuovo coronavirus. Utilizzando un algoritmo che apprende automaticamente, hanno analizzato i dati di 1.600 persone confermati casi Covid-19. Utenti che da marzo ad aprile hanno registrato regolarmente l’andamento della malattia.
Ne sono risultati sei gruppi distinti di manifestazioni per sei “tipi” di Covid. Poi confermati da un secondo set di dati tra mille persone provenienti da Regno Unito, Stati Uniti e Svezia che hanno fatto lo stesso a maggio. Alcuni sintomi sono apparsi comuni a tutti, come mal di testa e perdita dell’olfatto. Altri, come confusione e dolore addominale, erano relativamente “nuovi”, eppure hanno accomunato tutte le forme più gravi.
I cluster rilevati sono stati:
Tra i sei tipi di Covid, solo l’1,5% delle persone con il cluster 1 ha poi necessitato di supporto respiratorio, il 4,4% del tipo 2 e il 3,3% del tipo 3. Le percentuali raddoppiano con i tipi 4,5 e 6. Rispettivamente all’8,6%, 9,9% e 19,8%. Queste ultime tre tipologie sembra colpissero maggiormente persone anziane e fragili, con condizioni di sovrappeso e malattie preesistenti.
Da qui l’elaborazione di un modello che combina sesso, età e comorbilità con i sintomi dei primi cinque giorni di malattia. Una soluzione che ha previsto il ricovero con una minore possibilità di errore per gli appartenenti ai gruppi sintomatici più a rischio. Dato che il ricovero avviene generalmente 13 giorni dopo le prime manifestazioni, gli otto giorni di anticipo nella previsione potrebbero rivelarsi un aiuto importante.
«Se riesci a prevedere chi sono queste persone al quinto giorno – ha affermato la dott.ssa Claire Steves del King’s College di Londra – hai il tempo di dare loro supporto e interventi precoci come il monitoraggio dell’ossigeno nel sangue e i livelli di zucchero e assicurandoti che siano adeguatamente idratati. Cure semplici che potrebbero essere fornite a casa, prevenendo i ricoveri e salvare vite».
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