Tempi duri per i giovani medici in Europa. A cominciare dall’Inghilterra, dove nelle ultime settimane è in atto una vera e propria rivolta dei 53mila camici bianchi in erba contro un rinnovo contrattuale che non avrebbe mantenuto le promesse, né soddisfatto le pretese. Si parla di turni da 90 ore a settimana a fronte di uno stipendio decurtato dal 15% al 40%. Facile comprendere la levata di scudi e le minacce di scioperi, nonostante il segretario alla salute Jeremy Hunt abbia dichiarato di voler rivedere queste misure (“The Guardian”). E i medici italiani non sembrano passarsela molto meglio: reduci dai test di accesso alle scuole di specializzazione resta comunque, per chi ce l’ha fatta, una forte incertezza: complice il blocco del turn over e una programmazione di risorse inadeguata, entrare in modo stabile nel mondo del lavoro appare un’utopia. Tutto sommato, sono i cugini francesi ad avere meno motivi di lamentele: Oltralpe, infatti, i posti messi a disposizione nelle scuole di specializzazione sono pari al numero di candidati, un fattore che riduce enormemente le disparità tra domanda e fabbisogno reale. Chi riesce a entrare, insomma, è dentro davvero.