Ex sindacalista Anaao- Assomed in Friuli, è direttore di medicina di urgenza a Trieste. «Il sistema afferma – comincia a scricchiolare. Bisogna fermare il definanziamento del sistema sanitario»
È alla prima esperienza in politica, ma ha alle spalle anni di sindacalismo medico nell’Anaao – Assomed, che ha guidato a livello regionale. Laura Stabile, direttore di struttura complessa della medicina d’urgenza all’ospedale Cattinara di Trieste, è una delle new entry in Parlamento in quota Forza Italia. E da subito ha annunciato che la sanità, in particolar modo quella pubblica, sarà al centro del suo operato in Senato. Per lei una vittoria di prestigio, quella del collegio senatoriale di Trieste – Gorizia, dove ha raccolto il 39,4% dei voti, superando l’ex presidente della Regione Friuli Riccardo Illy, fermo al 26,48%, e Pietro Negli del Movimento Cinque Stelle (25,9%).
Senatrice, ha sconfitto nientemeno che l’ex presidente della Regione Riccardo Illy, una bella soddisfazione per lei…
«Io non vengo dal mondo della politica, ma dal mondo della sanità e del sindacato. Probabilmente le persone hanno pensato di mettere al centro temi che riguardano le persone, hanno scelto un candidato che si occupasse di questi aspetti piuttosto che un politico di tutto rispetto come Illy».
Ho letto che il suo impegno sarà soprattutto sulla sanità…
«Sono direttore di struttura in medicina d’urgenza a Trieste. Fino a poco tempo fa sono stata segretario regionale dell’Anaao Assomed. In quest’ambito mi occupavo di sanità e mi hanno proposto questa candidatura proprio con l’obiettivo di continuare con questo tipo di impegno».
Qual è la priorità assoluta nella prossima legislatura in tema di sanità?
«Ci sono diverse cose importanti. Sicuramente in primis fermare il definanziamento del servizio sanitario nazionale in modo da garantire di nuovo il diritto alle cure per tutti, cosa che in questo momento non è più garantita».
Un altro tema molto sentito è quello della carenza dei medici: nei prossimi 5 anni 45mila camici bianchi andranno in pensione. Come si può far fronte a questo problema?
«Proprio l’Anaao ha lanciato una proposta già piuttosto articolata sul fatto di rivedere il sistema formativo dei medici. In questo momento, rispetto al numero dei laureati, mancano posti sufficienti sia nelle scuole di specializzazione, sia nelle scuole di medicine generale. Una cosa molto interessante riguarda il fatto di dare maggior ruolo ai medici del servizio sanitario nazionale, quindi non solo gli universitari, nella formazione specialistica. Ci sono diverse proposte su questo ma insomma è necessario permettere che la formazione specialistica si svolga più di quanto non succeda adesso nel servizio sanitario nazionale oltre invece che dipendere totalmente dall’università come adesso.
Sul numero chiuso ritiene che si debba intervenire?
«Adesso il problema è il collo di bottiglia è soprattutto dopo la laurea, si crea tra laurea e specializzazione. I posti di specializzazione sono troppo pochi. Andrebbero aumentati ma l’università non è in grado di farlo, bisogna aprire altri canali formativi».
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Si è parlato poco di sanità in questa campagna elettorale, a livello nazionale…
«Non in Friuli Venezia Giulia. A livello regionale abbiamo avuto la riforma sanitaria del governo Serracchiani che ha creato tanti disagi. Quindi è una cosa molto molto sentita dai cittadini. Infatti anche come sindacato in questi anni siamo sempre rimasti in contatto con i comitati dei cittadini attenti alla salute molto attivi in questi anni. Quindi da noi è un tema molto sentito».
Il sistema sanitario italiano era ed è considerato uno dei migliori del mondo. Secondo lei è valida ancora questa definizione o ci avviamo a un lento declino?
«Ci avviamo a un lento declino. Siamo stati uno dei sistemi tra i migliori del mondo, anche dal punto di vista economico. Noi spendiamo una percentuale del Pil in sanità inferiore rispetto a molti altri paesi europei come Francia e Germania. Nonostante questo finora il sistema ha retto. L’impressione è che il sistema cominci a scricchiolare. Se non si ferma in primis il definanziamento e tutto quello che per vari aspetti va a intaccare la sanità pubblica».
Nella passata legislatura si sono succeduti diversi governi e ci sono stati diversi provvedimenti in tema di sanità. Cos’è che non ha funzionato secondo lei in questi cinque anni?
«In primis il definanziamento e le diversità tra regione e regione così che abbiamo diversi sistemi sanitari pubblici. Un altro aspetto molto importante è che c’è la tendenza diffusa a tentare di ridurre il numero dei medici sostituendoli con figure a più basso costo: infermieri, tecnici e altre figure. Questo toglie valore alla professionalità del medico, alla competenza del professionista è considerato un costo troppo elevato, da comprimere invece che un qualcosa su cui investire».
Ci sono poche donne come apicali nella sanità. Negli ordini dei medici pochissime, ma anche tra i primari i numeri sono bassi…
«Penso che anche su questo c’è ancora molta strada da fare. Adesso tra i medici più giovani c’è una prevalenza femminile. Anche questo dovrà cambiare. Io faccio l’apicale e sono donna, però anche qui siamo in poche, tre o quattro su una quarantina».
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C’è ancora da lavorare da questo punto di vista…
«C’è una mentalità che deve cambiare e poi in generale tutto quello che riguarda l’orario di lavoro, gli asili, ecc. Bene o male questo permetterebbe alla donna di concentrarsi più serenamente sulla carriera».