La proposta di legge presentata dal Carroccio nasce dal successo di una analoga iniziativa effettuata in Veneto. L’obiettivo è quello di individuare alcuni parametri utili predittivi di condizioni di rischio cardiovascolare, con conseguente indirizzo verso percorsi strutturati di risposta. In Italia sono 7,5 milioni i pazienti afflitti da queste patologie
Prevenire è meglio che curare. Una regola aurea che vale ancora di più per alcune patologie, come quelle cardiache. I numeri, del resto, parlano chiaro: ogni anno in Europa le malattie cardiovascolari determinano la morte di 4 milioni di persone e rappresentano la principale causa di morte nei soggetti al di sotto dei 65 anni. Anche nel nostro Paese la situazione non è migliore: le malattie cardiovascolari continuano a essere la prima causa di morte anche in tempo di Covid-19 con 7,5 milioni i pazienti afflitti da patologie al cuore in Italia.
Nasce da queste considerazioni il disegno di legge presentato dalla senatrice Sonia Fregolent della Lega che punta a sottoporre chi compie i 50 anni di età alla valutazione di alcuni parametri utili per l’individuazione di condizioni di rischio cardiovascolare, «con conseguente indirizzo verso percorsi strutturati di risposta». Una prevenzione attiva, che potrebbe contribuire a salvare centinaia di vite.
L’iter del ddl era iniziato due anni fa, nel luglio 2019, e ora i tempi sembrano maturi per l’approvazione, almeno in Commissione Igiene e Sanità. All’articolo uno la legge istituzionalizza lo “Screening CARDIO50” un programma organizzato per i residenti nel territorio nazionale, al compimento del loro cinquantesimo anno di età.
Il testo attuale del ddl (che potrebbe subire modifiche) prevede che il dicastero della Salute e le regioni provvedano ad inserire il programma nel nuovo Piano nazionale della prevenzione e nei conseguenti piani regionali attuativi e ad «assicurare, anche mediante processi di nuovo orientamento operativo dei servizi, le risorse umane e strumentali necessarie per l’avvio, l’estensione e il consolidamento del programma» in tutta Italia. Altro compito del ministero e delle regioni è di raccordare lo screening con i programmi di promozione della salute già attivi o in fase di sviluppo, «con particolare riferimento alle iniziative di comunità finalizzate a favorire l’adozione di comportamenti salutari”».
La necessità dello screening è emersa con ancora più forza durante i mesi di pandemia, dove in tanti hanno rimandato le visite per paura di contrarre il Covid. Come rilevato dall’Associazione Cuore Italia, i dati 2020 confermano una contrazione del 72% per la sostituzione valvolare aortica trans-catetere, dell’80% per la clip mitralica, del 91% per la chiusura dell’auricola sinistra e del 97% per quella del forame ovale pervio. Il blocco degli interventi e l’allungamento delle liste di attesa rischia di creare una vera emergenza, se non si porrà rimedio.
L’idea nasce da una best practice valorizzata nell’ambito del Programma del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) 2009 «Attivazione di un progetto di prevenzione cardiovascolare primaria sul modello dei programmi di screening oncologico (IV screening)» e CCM 2013 «Programma organizzato di screening del rischio cardiovascolare finalizzato alla prevenzione attiva nei soggetti cinquantenni» (Cardio50) che, partendo dalla regione Veneto, ha coinvolto 22 aziende sanitarie locali (ASL) in 12 regioni italiane.
Entrambi i progetti prevedevano la chiamata attiva, curata dal Dipartimento di prevenzione della ASL, per una visita ambulatoriale (condotta da figure formate del comparto sanitario) finalizzata all’individuazione di una o più condizioni di rischio cardiovascolare (soggetto in sovrappeso, iperteso, dislipidemico, iperglicemico, fumatore, sedentario) e il successivo indirizzo, se necessario, verso una adeguata presa in carico sistemica. Un modello che potrebbe essere replicato con successo anche a livello nazionale.
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