Il dottor Catanese: «Nell’ultimo anno aumentata mortalità per infarti e tumori. In costruzione nuovi reparti Covid, ma saranno pronti a gennaio. Nel frattempo servono percorsi separati di accesso agli ospedali»
Stato di emergenza sanitaria, coprifuoco per le prossime due settimane e ipotesi di chiusure regionali. Così la Spagna, divenuta il primo Paese europeo a superare il milione di contagi, cerca di affrontare la seconda ondata di coronavirus. Gli ospedali ancora non hanno raggiunto la fase critica, ma da mesi si lavora per realizzare reparti destinati ad accogliere solo i malati di Covid per evitare di alimentare nuovi focolai. E i medici, stremati dalla situazione, hanno indetto uno sciopero di 24 ore che si svolgerà l’ultimo martedì di ogni mese per protestare contro l’incapacità del governo di rafforzare il sistema sanitario. Ieri la prima giornata in cui i camici bianchi spagnoli hanno incrociato le braccia: secondo il Cesm, il principale sindacato dei medici in Spagna, l’adesione all’agitazione è stata dell’85%, ma per le autorità della regione di Madrid in quell’area, la più colpita dal Covid-19, ha partecipato solo il 7,6%.
Si prospetta dunque un autunno caldo, e a confermarlo ai nostri microfoni è Alessandro Catanese, radiologo italiano da anni in servizio all’ospedale Germans Trias i Pujol di Barcellona.
«Siamo arrivati negli ultimi giorni a 17 mila casi giornalieri e gli ospedali al momento ancora sono in grado di reggere un volume così importante, ma è chiaro che il rischio è elevato e molto rapidamente potremmo trovarci in una situazione di emergenza e di saturazione soprattutto delle terapie intensive e delle rianimazioni», ammette il dottor Catanese.
L’età media dei pazienti si è abbassata, mentre l’onda lunga della prima fase di questa pandemia si è fatta sentire in particolare su malati cardiopatici e oncologici costretti a ritardi diagnostici oggi non più sostenibili: «Non dobbiamo dimenticare che, tra marzo e aprile, l’emergenza Covid negli ospedali ha generato un ritardo importante nella cura degli altri malati – prosegue il radiologo italiano –. Questo ha generato in Spagna un eccesso di mortalità rispetto agli anni passati di almeno venti mila persone. Di questi, una fetta sicuramente riguardava pazienti Covid non diagnosticati, perché mancavano i tamponi, però una percentuale è riconducibile a pazienti che soffrivano di altre patologie che sono stati “dimenticati”».
«In particolare – aggiunge Catanese -, ad essere penalizzati dalla situazione sono stati coloro che hanno avuto un infarto del miocardio e non si sono recati in ospedale. Un dato confermato dal ridotto numero di accessi per la patologia rispetto ai dodici mesi precedenti. Il che significa che i pazienti spaventati dalla possibilità di contagiarsi o dalle informazioni che ricevevano dai mezzi di informazione non sono andati in ospedale».
Una mancanza che in molti casi si è rivelata fatale: «Stessa sorte per molti malati oncologici – riprende il radiologo – che hanno sofferto pesantemente gli effetti della prima ondata. Gli screening dell’estate scorsa hanno evidenziato proprio un aumento di tumori, come il cancro alla mammella ad uno stadio avanzato per un ritardo diagnostico. L’obiettivo oggi è riuscire a separare gli accessi e i reparti in ospedale tra pazienti Covid e non, in modo da garantire trattamenti adeguati anche a coloro che non sono affetti da coronavirus, in attesa delle nuove strutture che saranno pronte, almeno qui a Barcellona, non prima di gennaio».
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