Sanità 15 Ottobre 2021 11:06

Spose bambine e gravidanze precoci, il dramma post-Covid del Malawi

Alla riapertura della scuola mancavano all’appello il 40 per cento delle alunne. Paola Maceroni di Action Aid spiega le conseguenze di una gravidanza tra i 10 e i 14 anni, dall’aborto spontaneo all’impatto psicologico

di Federica Bosco
Spose bambine e gravidanze precoci, il dramma post-Covid del Malawi

13 mila spose bambine e 40 mila gravidanze precoci negli ultimi due anni. Sono questi i numeri degli “effetti collaterali” del Covid in un paese come il Malawi, segnato poco dal virus ma molto dalle conseguenze economiche della pandemia.

A lanciare il grido d’allarme è Action Aid, un’organizzazione internazionale indipendente con oltre 400 progetti all’attivo che, con la campagna “Tutti a scuola”, ha voluto accendere i riflettori su un problema che oggi rappresenta per il paese sub-sahariano la nuova emergenza.

«I fenomeni climatici, il ciclone Idai nel 2019 e poi il Covid, cha ha avuto comunque un impatto a livello sanitario meno intenso rispetto all’Europa, hanno lasciato un segno profondo nelle famiglie a livello sociale ed economico – racconta Paola Maceroni, cooperante di Action Aid -. Questo ha avuto gravi conseguenze sulla sussistenza delle stesse che, per far fronte alle difficoltà, hanno spesso ripiegato su soluzioni che hanno messo in serio pericolo le nuove generazioni. In particolare, ad essere usate come mezzo di sopravvivenza sono state le bambine costrette a matrimoni di comodo e gravidanze precoci».

Al riguardo il ministero del Malawi ha reso noto che alla riapertura delle scuole dopo la pandemia mancavano all’appello il 40 per cento delle studentesse. «Solo nel distretto settentrionale di Nsanje dove stiamo lavorando per la realizzazione di una scuola – spiega Paola – sono 3mila le spose bambine e almeno 2mila le gravidanze precoci registrate in sei mesi di chiusura. Sono numeri che fanno paura».

Conseguenze di gravidanze precoci: dall’aborto spontaneo all’eclampsia

Tra i rischi di una gravidanza precoce c’è innanzitutto l’aborto spontaneo nel primo trimestre che è superiore anche del 30 per cento se la gestante ha meno di 15 anni. «Le bambine costrette al matrimonio e alla procreazione hanno tra i 10 e i 14 anni, quindi non sono ancora pronte ad accogliere nel loro grembo una nuova vita. Questo genera spesso complicazioni fatali».

Altrettanto rischioso è il momento del parto se subentra l’eclampsia. Si tratta di una patologia che può verificarsi dalla ventiduesima settimana di gravidanza e riguarda il momento del travaglio. Si manifesta con febbre alta, convulsioni e attacchi epilettici. Le ragioni di questo evento, che spesso si conclude con la morte del feto e della madre, sono dovute al fatto che esiste una sproporzione tra il corpo femminile adolescente e la testa del bambino che preme per uscire attraverso il canale del parto.

«Un matrimonio precoce è anche rischioso per le malattie sessualmente trasmissibili e per la mutilazione genitale cui vengono sottoposte le bambine quando sono date in sposa. La pratica dell’infibulazione purtroppo è ancora molto diffusa e, all’atto del parto, aumenta il rischio di morte per infezione».

Altrettanto devastante è l’impatto psicologico del matrimonio e del parto precoce sulle bambine: «Una fanciulla che a dodici anni diventa moglie subirà le decisioni di altri per tutta la vita, mentre le conseguenze di un parto precoce potrebbero turbarla a lungo, minando la relazione tra madre e bambino».

Il ruolo delle organizzazioni umanitarie e della scuola

«Noi cerchiamo di ricostruire una scuola perché per le bambine quello è un luogo di protezione e genera tra le studentesse un meccanismo di mutuo aiuto – sottolinea la responsabile di Action Aid -. Si sostengono a vicenda, e mettono le proprie esperienze al servizio delle compagne di scuola per evitare che il dramma si diffonda».

«Il nostro compito è proprio questo: fare attività di prevenzione attraverso gruppi di donne che hanno vissuto sulla propria pelle i soprusi o che hanno salvato le proprie figlie. Per cercare di far desistere le famiglie nel dare in sposa una bambina spieghiamo i rischi che corrono da un punto di vista sanitario e psicologico, ma poi cerchiamo di dare loro delle alternative concrete per uscire dalla situazione di povertà. Le coinvolgiamo nelle cooperative agricole, spieghiamo come gestire piante che sopravvivono a lunghi periodi di siccità oppure le aiutiamo ad entrare in un meccanismo di banca delle sementi che permette loro di prendere in prestito dei semi da coltivare e poi saldare il debito alla fine del raccolto. Chi riesce a sottrarsi a questo sistema, diventa portavoce e guida all’interno della comunità», conclude.

 

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