L’assessore lombardo parla anche del grande tema dell’autonomia: «Serve a responsabilizzare i territori e a dare una premialità a coloro che sanno gestire al meglio le risorse e fare efficienza». Sulle risorse: «SSN in questi anni ha avuto finanziamenti non adeguati rispetto alle attività che si svolgono. 114 miliardi corrispondono al 6,6 percento del Pil, mentre la media europea è del 8,5%»
Basta odio contro i medici, basta campagne pubblicitarie aggressive che invitano i pazienti a fare causa ai camici bianchi, basta aggressioni. Dopo la petizione su change.org lanciata dal network legale Consulcesi – che ha già superato le 13 mila adesioni in pochi giorni -, per difendere la categoria di medici e operatori sanitari, è sceso in campo anche l’assessore alla Sanità di Regione Lombardia Giulio Gallera: «Trovo ignobile questo messaggio – ha esordito Gallera – anche perché è causa di grandi problemi per la sanità italiana. La medicina difensiva è un grave problema, perché abbiamo medici che molte volte sono più occupati a firmare carte o a prescrivere esami, anche non strettamente necessari, ma fatti per evitare una causa e a dimostrare, in un secondo momento, davanti ad un giudice che è stato fatto tutto il possibile per la cura del paziente. Questo determina un aumento dei costi, insicurezza da parte dei medici e crescita dei costi delle assicurazioni. La medicina difensiva quindi sta creando dei grossi problemi». Gallera ha parlato poi a Sanità Informazione del grande tema dell’autonomia, uno dei suoi cavalli di battaglia, rivendicando i conti in ordine di Regione Lombardia e sottolineando che «l’autonomia serve a responsabilizzare i territori e a dare una premialità a coloro che sanno gestire al meglio le risorse e fare efficienza». Infine, il tema delle risorse, ad oggi troppo poche per garantire una sanità di qualità com’è stato fino ad oggi. «Il sistema che è finanziato dalla tassazione generale in questi anni ha avuto finanziamenti non adeguati rispetto alle attività che si svolgono».
Assessore, i medici si sentono sotto attacco, soprattutto dopo lo spot andato in onda anche sulle reti Rai in cui si invitano i cittadini a chiedere risarcimenti danni per gli errori in sanità. Cosa ne pensa?
«Il cittadino ha diritto alla salute, ad essere curato bene e risarcito se ci sono degli errori, ma un’azione sistematica contro i medici è quanto di peggio si possa fare per il sistema sanitario: rischia di allontanare i migliori professionisti dal nostro territorio e implica una dispersione di energie che potrebbero essere messe in campo per offrire le cure migliori. Io sono allibito che la Rai abbia mandato in onda questo spot e lo dico anche da avvocato. Mi auguro da parte degli ordini professionali (giornalisti, avvocati, oltre che medici) una netta presa di distanza».
Assessore, i medici sono sotto accusa, spesso anche aggrediti verbalmente e fisicamente. Questo può determinare una emorragia nel settore in futuro?
«Oggi i medici sono pochi e devono stare attenti a ciò che fanno anche se agiscono al meglio delle loro possibilità e in assoluta buonafede, possono essere oggetto di denunce che durano diversi anni e che segnano il loro percorso. Ma non solo, gli ospedali sono sempre più spesso luoghi in cui pazienti e parenti scaricano le loro frustrazioni contro i medici e quindi la sicurezza degli ospedali è uno dei grandi temi che stiamo cercando di affrontare anche con le prefetture per studiare le chiavi migliori per garantire il personale, i pazienti e la sicurezza negli ospedali».
Cambiando argomento, oggi come giudica oggi lo stato attuale della sanità italiana?
«Abbiamo appena concluso i festeggiamenti per i quarant’anni dell’introduzione del sistema sanitario nazionale universalista in Italia. Una grande conquista: quarant’anni importanti in cui abbiamo garantito cure a tutti i cittadini e a tutti coloro che si trovano sul territorio italiano. Questo ha fatto sì che al mondo l’Italia diventasse il quarto Paese per il livello di salute dei cittadini e primo in Europa. Quindi è stato fatto un lavoro egregio che rischia però di non vedere i prossimi quarant’anni perché siamo in una situazione di grande sofferenza. Il sistema, infatti, che è finanziato dalla tassazione generale, in questi anni ha avuto finanziamenti non adeguati rispetto alle attività che si svolgono. 114 miliardi corrispondono al 6,6 percento del Pil, mentre la media europea è del 8,5%, quindi è chiaro a tutti che una quantità di risorse così ridotta rispetto la media europea non ci consente di garantire una qualità delle cure adeguate, con costi per farmaci e strumentazione di nuova generazione sempre più alti che incidono sempre di più sul budget complessivo. Quindi abbiamo bisogno sicuramente di un cambio di passo significativo per poter garantire questo grande valore che è il sistema universalistico italiano».
Il governo ha in programma di dare maggiore autonomia ad alcune regioni, tra queste la Lombardia. Cosa cambierà per la sanità?
«Speriamo! Perché di fatto ad oggi ancora il Consiglio dei ministri non ha approvato alcun testo. Cosa prevede l’autonomia? Il superamento di vincoli, lacci e lacciuoli che stanno mettendo a dura prova il sistema perché al di là delle risorse, che a livello nazionale non sono adeguate, paradossalmente viviamo anche alcuni altri limiti come quello alle assunzioni del personale. Pensate che c’è una legge del 2011 che dice che il costo del personale del 2020 dovrà essere quello del 2004 tagliato dell’1,5%. Oppure al finanziamento della sanità privata che in Regione Lombardia è un pilastro fondamentale per cui i budget dal 2012 in poi sono fermi ai budget del 2011 tagliati del 2 per cento. Anche in quel caso quindi con corrisponde un budget adeguato. E poi la formazione: da troppi anni le borse di studio per i medici specializzandi sono inferiori ai fabbisogni, per cui oggi ci troviamo nelle condizioni in cui non ci sono più alcune categorie di medici per rifornire i nostri ospedali. Non ci sono più neonatologi, pediatri, anestesisti, o meglio è un numero così ridotto che su alcuni presidi di territorio, nonostante si facciano bandi, non partecipa nessuno. Quindi l’autonomia ci consentirebbe di non soggiacere a questi limiti e vincoli, ma, partendo da un principio molto semplice – ovvero che Regione Lombardia è una delle poche virtuose che in quindici anni non ha mai avuto il proprio bilancio in rosso, dimostrando di saper gestire in modo efficiente le proprie risorse – ci permetterebbe di continuare a gestirle in autonomia e libertà. Dandoci un budget, noi decideremmo come destinarlo, senza avere vincoli nazionali. Poi evidentemente chiediamo l’introduzione dei costi standard, ovvero di avere maggiori risorse, perché è inaccettabile che noi che siamo un’eccellenza, che abbiamo il famoso costo della siringa inferiore rispetto ad altre regioni che hanno dimostrato di non essere altrettanto efficienti, siamo penalizzati perché le altre risorse vengono destinate anche in misura superiore a quelle regioni che non sono efficienti. I costi standard ci darebbero maggiori risorse. Da ultimo chiediamo di partecipare al gettito erariale nazionale, perché, se a livello nazionale vengono destinati il 6,6% del Pil e quello prodotto dalla Lombardia è una larga fetta, paradossalmente la quota che arriva annualmente (quest’anno si attesta sui 18miliardi e nove) rappresenta il 5,7% del Pil, ovvero una cifra non adeguata, quindi, anche in questo caso, chiediamo di partecipare con una quota a parte al gettito erariale. Infine, se la Lombardia producesse di più, avremmo a disposizione più risorse. L’autonomia serve a responsabilizzare i territori e a dare una premialità a coloro che sanno gestire al meglio le risorse e fare efficienza. Ciò non vuol dire penalizzare le regioni del sud che potrebbero a loro volta introdurre sistemi virtuosi di gestione dei propri budget per ottenere gradi di autonomia, ma significa innescare una corsa ad essere sempre più autonomi per rispondere in maniera più puntuale ai bisogni dei cittadini ed essere premiati se lo si fa bene».