Il Provvedimento, approvato in Commissione Affari Sociali, deve ora ricevere il parere delle altre Commissioni competenti. Nel registro pubblico saranno rese note anche le motivazioni delle transazioni tra imprese e operatori del settore. Alzate le soglie minime: 50 euro per ogni singola donazione (500 euro all’anno). «Nessuna idea vessatoria o persecutoria della classe medica. Il nostro è un progetto culturale che mira sostanzialmente a sostenere il diritto alla conoscenza dei rapporti», sottolinea il deputato M5S
La strada per l’approvazione del provvedimento sulla Sanità trasparente (anche detto Sunshine Act) è ancora lunga. Ma l’approvazione del testo del Disegno di Legge in Commissione Affari Sociali alla Camera segna un primo, importante passaggio verso l’approvazione di una norma, già applicata in Francia e Stati Uniti, che potrebbe rivoluzionare il rapporto tra medici, pazienti e imprese del settore. «Vogliamo portare al centro la trasparenza come uno strumento essenziale per anticipare i fenomeni di corruzione soprattutto per rimuovere quelle sacche di opacità che in sanità vengono sempre a galla», spiega a Sanità Informazione Nicola Provenza, relatore del Ddl, medico gastroenterologo entrato per la prima volta in Parlamento nel 2018 nelle fila del Movimento Cinque Stelle.
Secondo il testo, che ora andrà dovrà avere il parere delle altre Commissioni competenti prima di passare al vaglio dell’Aula di Montecitorio, dovranno essere rese pubbliche in un apposito registro telematico «le convenzioni e le erogazioni in denaro, beni, servizi o altre utilità effettuate da un’impresa produttrice in favore di un soggetto che opera nel settore della salute, quando abbiano un valore unitario maggiore di 50 euro o un valore complessivo annuo maggiore di 500 euro». Quando invece le erogazioni sono a favore di un’organizzazione sanitaria, il valore unitario deve essere maggiore di 500 euro o un valore complessivo annuo maggiore di 2.500 euro. La legge specifica che anche la partecipazione a convegni, eventi formativi, comitati, commissioni, organi consultivi o comitati scientifici o nella costituzione di rapporti di consulenza, docenza o ricerca dovranno essere resi noti.
Il provvedimento, che vede come primo firmatario il deputato M5S Massimo Enrico Baroni, è rimasto sostanzialmente inalterato rispetto al testo iniziale: sono state alzate le soglie minime (da 10 a 50 euro) ma l’impianto ha retto.
LEGGI ANCHE: SUNSHINE ACT, ECCO COSA PREVEDE DDL TRASPARENZA. IL PRIMO FIRMATARIO BARONI (M5S): «COSI’ SI PREVIENE CORRUZIONE. PER I MEDICI NO ONERI BUROCRATICI»
I medici però non devono preoccuparsi: l’incombenza della pubblicazione è a carico dell’impresa produttrice. Severe le sanzioni: all’impresa che omette di trasmettere la comunicazione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 5mila a 50mila euro. I controlli saranno a cura dei Carabinieri del Nas. Anche le eventuali sanzioni troveranno pubblicità nel registro pubblico consultabile sul sito del Ministero della Salute e saranno pubbliche per un periodo non inferiore a novanta giorni, con l’indicazione dei nomi delle imprese produttrici che non abbiano trasmesso le comunicazioni dovute o che abbiano fornito notizie false nelle comunicazioni. Il monitoraggio sarà facilitato da un sistema di whistleblowing presente sul sito del ministero: tramite un pulsante si potranno effettuare segnalazioni sulle dichiarazioni false oppure omesse da parte delle imprese sanitarie che realizzano donazioni.
Onorevole Provenza, il Sunshine Act, o Sanità Trasparente, è stato approvato dalla Commissione Affari Sociali. Voi lo avete definito una “rivoluzione”. Perché?
«Perché ha l’obiettivo di portare al centro la trasparenza come uno strumento essenziale per anticipare i fenomeni di corruzione soprattutto per rimuovere quelle sacche di opacità che in sanità vengono sempre a galla. Tutto ciò senza avere una idea vessatoria o persecutoria della classe medica. Il nostro è un progetto culturale che mira sostanzialmente a sostenere il diritto alla conoscenza dei rapporti per altro sancito dalla Costituzione, in questo caso specifico tra le imprese produttrici e gli operatori della sanità».
Cosa è cambiato nel passaggio in Commissione rispetto al testo originale?
«L’impianto normativo ha mantenuto la sua consistenza. Il dibattito è stato molto vivace e anche ampio però è prevalsa questa idea alla quale facevo riferimento: cioè l’idea di una trasparenza diffusa che possa restituire al cittadino maggiore fiducia nei confronti della classe medica e anche un’idea di rendere per esempio molto più indipendenti gli studi scientifici. Cosa che avviene già in paesi come la Francia e gli Stati Uniti dove questa legge è in vigore. Devo dire che sulle soglie, per esempio, cioè sul discorso di fissare una cifra al di là della quale è obbligatoria la pubblicità, quindi la pubblicazione dei dati delle transazioni tra impresa produttrice e operatore della sanità, c’è stata l’idea di una trasparenza diffusa, c’è stata una condivisione abbastanza importante tra tutte le forze politiche in Commissione».
In concreto cosa cambierà per i medici?
«Per i medici non cambierà quasi nulla, nel senso che la comunicazione è in capo all’impresa produttrice. In particolare, ci sarà un’informativa che l’impresa produttrice fornirà ai medici e agli operatori della salute con la quale si definisce che qualsiasi elargizione, remunerazione, beni o servizi o altre utilità, come le abbiamo definite nel testo, qualsiasi tipo di accordo tra l’impresa produttrice e l’operatore della salute verrà pubblicata sul sito del Ministero della Salute. Questa comunicazione conterrà non solo l’entità della transazione o del vantaggio relativo alla stessa ma anche le motivazioni legate alla transazione stessa».
Quali sono i prossimi passaggi parlamentari che attendono il Ddl?
«Adesso siamo in attesa dei pareri delle varie Commissioni a cui è stato sottoposto il testo definitivo fino ad arrivare in Aula dove ci auguriamo un dibattito vivo. Ci aspettiamo da questa proposta di legge, da questo impianto normativo la condivisione più ampia possibile perché dal nostro punto di vista si tratta di un passaggio fondamentale, lo definirei quasi un apripista rispetto a una cultura diffusa della trasparenza».