Dopo i nuovi sacrifici imposti dal DEF, ora si preannuncia una Stato-Regioni rovente. Insieme alle sforbiciate anche il riassetto di welfare e salute
Confermata la “manovrina” da 2,5 miliardi. La Sanità italiana dovrà, dunque, ancora stringere i denti con la prospettiva, però, che dopo ogni salita, c’è sempre una discesa. Secondo le linee generali del DEF (Documento Economico Finanziario) – approvato nella notte tra venerdì e sabato dal Consiglio dei Ministri – saranno necessari ulteriori sacrifici ed i conti resteranno sotto controllo fino al 2020; nel medio-lungo termine, però, la strada si farà meno dura.
O almeno è quanto risulta, nello stesso documento, dalla previsione del trend della spesa sanitaria fino al 2060: la morsa che si allenterà gradualmente con il Pil di settore che salirà di un punto percentuale (da 6,6 a 7,6%). Previsto, però, anche un piano d’azione – condensato in cinque punti – per migliorare programmazione e assistenza nel triennio 2015-2018 per eliminare file inutili, riducendo costi e perdite di tempo per milioni di italiani.
Se il futuro è roseo, il presente è pieno di incognite e difficoltà. Proprio per questo sono giorni caldissimi per il Ssn: mentre il DEF viaggia verso il Parlamento, domani c’è già un altro appuntamento delicatissimo con una Conferenza Stato-Regioni che si annuncia calda. Esecutivo e governatori dovranno infatti definire dove e come tagliare i circa 2,5 miliardi che, alla voce sanità, contribuiranno per oltre la metà al sacrificio da 4 miliardi imposto alle Regioni dalla legge di Stabilità 2015. Un apporto fondamentale doveva arrivare dalla sfettucciata sull’acquisto di beni e servizi anche rinegoziando i contratti: si era parlato di 1,5 miliardi. Altre risorse dovevano, invece, arrivare dalla riorganizzazione della rete ospedaliera, senza escludere un intervento anche sulla spesa farmaceutica. Durante la conferenza stampa del DEF, però, il premier Renzi ha puntato il mirino sulle Asl, chiedendo una razionalizzazione: “Vi pare possibile che ci siano regioni con 7 province e 16 Asl?”, ha detto ai giornalisti presenti.
L’ipotesi si è subito scontrata con una raffica di critiche ed ha innescato un vortice di polemiche, contribuendo a rendere ancor più rovente il clima con i medici stufi di continui sacrifici in nome dei bilanci. Numeri alla mano, infatti, si riduce – ad esempio – il Fondo sanitario che passa dai 112,062 miliardi del Patto siglato a luglio scorso ai 109,7 del Def per il 2015. Ridotto anche quello del 2016 che passa da 115,444 miliardi del Patto ai 113,1. Da definire (e capire…) se si tratterà di un taglio strutturale o se in qualche modo quanto sforbiciato ora verrà in un prossimo futuro restituito al Ssn. Perplessità sono state palesate anche dal ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin più propensa ad un’ottimizzazione in termini di gestione piuttosto che di taglio delle Asl. Un appunto anche sull’esempio – utilizzato dal primo ministro – della siringa con costi diversi da regione a regione: “Si tratta di un falso mito – ha affermato il ministro – i costi sono già standardizzati”.
Oltre a sventolare le forbici, il Governo ha anche pianificato una nuova concezione di welfare e salute, inquadrando il Ssn in un’ottica di sostenibilità ed efficacia. Un ruolo chiave è riservato al Patto per la Salute 2014-2016 che dovrà garantire “il riordino della rete ospedaliera nel rispetto dei nuovi standard qualitativi, strutturali, tecnologici”. Altro obiettivo è congiungere i due mondi, ancora troppo separati, di ospedale e territorio. E per farlo ancora una volta si sottolinea anche il ruolo dell’Health Technology Assessment e della digitalizzazione, che saranno più di un supporto al monitoraggio continuo dei livelli essenziali di assistenza (Lea), il cui perimetro sarà ridisegnato. Nel programma di riforma anche la revisione e l’aggiornamento del sistema di remunerazione delle prestazioni sanitarie ed una legge cornice sull’autismo, caratterizzata da un notevole peso specifico riservato alla formazione.