I ricercatori: «È come guardare la Terra dall’orbita per la prima volta: finalmente abbiamo il quadro completo del cancro e vediamo che la sua complessità non è infinita». L’Atlante genetico è il frutto di 10 anni di studi condotti dal National Cancer Institute e National Human Genome Research Institute
È pronto il primo Atlante genetico dei tumori, la mappa più completa del cancro creata fino ad ora. Raccoglie l’identikit di 33 tipi diversi di tumori, studiati su oltre 10mila pazienti, e promette di rivoluzionare l’approccio terapeutico al cancro. È un’impresa titanica quella condotta negli ultimi 10 anni dai centri americani National Cancer Institute, che vi ha investito circa 300 milioni di dollari, e National Human Genome Research Institute. I risultati degli studi sono stati raccolti in 29 articoli scientifici diversi, pubblicati su riviste come Cell, Cancer Cell, Cell Reports e Immunity.
Guardare queste mappe dei tumori per gli esperti è stato «come guardare la Terra dall’orbita per la prima volta: finalmente abbiamo il quadro completo del cancro e vediamo che la sua complessità non è infinita» ha detto Josh Stuart, dell’Università della California a Santa Cruz.
L’Atlante ha permesso di identificare tre processi cruciali che portano allo sviluppo dei tumori: le mutazioni genetiche, sia ereditarie, sia acquisite durante la vita; l’influenza dell’ambiente sull’attività dei geni; i ‘trucchi’ che i tumori utilizzano per sfuggire ai posti di blocco del sistema immunitario.
Inoltre, è stato osservato che i tumori che originano da diversi organi possono condividere aspetti comuni a livello molecolare, mentre i tumori che nascono nello stesso tessuto o organo possono avere profili genomici diversi. I ricercatori hanno poi dimostrato che tutti i 33 tipi di tumore potrebbero essere riclassificati in 28 sottotipi molecolari diversi, in base al loro patrimonio genetico e cellulare e indipendentemente dal loro sito di origine anatomica. Quasi due terzi di questi sottotipi prima erano considerati eterogenei in base alle caratteristiche istologiche e sarebbero stati quindi trattati in modo diverso.
«Piuttosto che l’organo di origine, ora possiamo utilizzare le caratteristiche molecolari per identificare la cellula di origine del cancro», ha detto Li Ding della Washington University e il principale scienziato del gruppo. «Stiamo osservando quali geni sono ‘attivati’ nel tumore – ha continuato Ding – e questo ci porta a un particolare tipo di cellula. Per esempio, i tumori a cellule squamose possono insorgere a livello polmonare, vescicale, cervicale e alcuni tumori della testa e del collo. Tradizionalmente abbiamo trattato i tumori in queste aree come malattie completamente diverse, ma studiando le loro caratteristiche molecolari, ora sappiamo che questi tumori sono strettamente correlati. I tumori originati, per esempio, nelle cellule epiteliali che rivestono vari organi sono strettamente correlati, indipendentemente dalla loro posizione».
Le informazioni ottenute «possono avere implicazioni cliniche reali – ha aggiunto Josh Stuart -. In alcuni casi, si potranno prendere in prestito pratiche cliniche utilizzate per malattie più note e applicarle a tumori per i quali le opzioni di trattamento sono meno ben definite». Nel lavoro, i ricercatori hanno identificato circa 300 geni che guidano la crescita del tumore. E hanno scoperto che poco più della metà di tutti i tumori analizzati hanno mutazioni genetiche che potrebbero essere prese di mira da terapie già approvate per l’uso nei pazienti.
Gli scienziati hanno anche raccolto importanti informazioni circa le origini delle mutazioni che portano al cancro, che non sono tutte ereditarie. «Per i 10mila tumori che abbiamo analizzato, ora sappiamo in dettaglio quali sono le mutazioni ereditate responsabili del cancro e quali sono gli errori genetici che si accumulano quando le persone invecchiano, aumentando così il rischio di cancro», ha detto Ding. Questo atlante potrebbe dare anche un’importante spinta all’immunoterapia, contribuendo a identificare quali tumori – caratterizzati da determinate mutazioni – possono beneficiare dei cosiddetti inibitori del checkpoint, ovvero farmaci che “sbloccano” la risposta del sistema immunitario contro il cancro.
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