Il progetto COVAX non sta funzionando, o meglio non corre quanto il virus nella gara che il mondo intero affronta da oltre un anno
«Sono molto soddisfatto del G20 Salute: è stato approvato all’unanimità il Patto di Roma e non era scontato. L’anno scorso si chiuse senza una dichiarazione approvata. Da questo patto arriva un messaggio fortissimo a tutto il mondo, il globo unito che vuole vincere insieme la sfida del Covid e il rilancio dei sistemi sanitari». Questo l’annuncio del ministro della Salute Roberto Speranza, a conclusione della due giorni del G20 della Salute, di cui ricopriva la presidenza.
Dal G20 un impegno importante per assicurare l’accesso ai vaccini a tutta la popolazione mondiale, soprattutto offrendo sostegno ai Paesi in via di sviluppo. «Raccogliere e condividere a livello internazionale le informazioni e le migliori pratiche sanitarie. Questo è l’impegno di tutti i partecipanti al G20 per migliorare ovunque la qualità della prevenzione e delle cure», ha aggiunto Speranza.
«Bisogna difendere un approccio universale all’assistenza: se una persona sta male va curata, indipendentemente dalla sua condizione economica», ha detto. Una riflessione condivisa e contraddetta dalla realtà: laddove paesi come Italia, Francia, Cina, Canada e Regno Unito hanno superato il 70% di copertura vaccinale, tra Asia e Africa si sale raramente sopra il 40%. Con il Sudafrica fermo al 16% e l’Indonesia al 23%. L’Unione Europea sperava di poter riparare a queste divergenze con il progetto COVAX, che si proponeva di donare vaccini ai paesi in difficoltà, ma è chiaro che non può essere l’unico impegno risolutivo.
Le dosi inviate sono ancora pochissime e non sono sufficienti per gonfiare quelle percentuali ancora così basse. Uno degli interventi al G20, quello dell’economista Jeffrey Sachs, ha sottolineato che la sospensione dei brevetti e il trasferimento delle tecnologie per la produzione nei paesi che ne hanno bisogno sono in questo momento le decisioni necessarie.
Il dibattito che ne è seguito ha visto Paesi più entusiasti e trainanti nel discutere i brevetti, mente altri – Germania e Russia in testa – più cauti. Questi ultimi sono proprio gli stati che hanno prodotto o comunque co-prodotto un vaccino anti-Covid. Come motivazione la necessità di spronare ancora le case farmaceutiche a “perfezionare” i vaccini contro nuove varianti, che potrebbe essere rallentata dalla sospensione dei brevetti.
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