La direttrice esecutiva di EMA afferma di sperare nel meglio, ma di prepararsi al peggio. I vaccini restano la migliore speranza per impedire ulteriori mutazioni del virus, in arrivo anche quello proteico Novavax. Primi dati sull’efficacia di quelli attuali sulla variante Omicron tra 2-3 settimane
«Sappiamo che i virus mutano e siamo preparati. Abbiamo in vigore delle linee guida che consentono alle compagnie farmaceutiche di avere un percorso accelerato per i vaccini adattati alle varianti del Sars-CoV-2. Non sappiamo se ce ne sarà bisogno, ma abbiamo in vigore dei piani di emergenza. Ci prepariamo al peggio, anche se speriamo ancora per il meglio». Le parole di Emer Cooke, direttrice esecutiva di EMA, provano ad essere rassicuranti in un momento in cui tutto il mondo scientifico guarda con il fiato sospeso alla variante Omicron.
In audizione alla commissione Envi del Parlamento Europeo, a Bruxelles, il clima è comunque teso in attesa dei primi dati, che in ogni caso non potranno essere disponibili che tra 2-3 settimane. Cooke ha voluto ribadire che i vaccini contro Covid sono ad oggi la migliore arma che abbiamo, anche per affrontare questa nuova variante. Alla pletora di quelli disponibili andrà poi presto ad aggiungersi Novavax, che la direttrice esecutiva di EMA assicura potrebbe essere approvato in qualche settimana. Si tratta di un vaccino proteico, che utilizza dunque la tecnica brevettata che da oltre 30 anni è quella standard per realizzare i vaccini. Un prodotto che forse potrebbe in qualche modo convincere i nìvax più testardi, trovandosi di fronte a una tecnica ben rodata e non nuova quanto quella dei vaccini ad mRna.
In Irlanda, ha ricordato la Cooke, «è vaccinato il 93% della popolazione adulta e si registrano 15 morti per milione di abitanti. In Paesi Ue in cui il tasso di vaccinazione della popolazione adulta è inferiore al 50% il tasso di mortalità è intorno ai 250 per milione di abitanti».
«Dai dati vediamo che i vaccini contro la Covid-19 rimangono efficaci e continuano a proteggere dalla malattia grave e dalla morte. Anche se la nuova variante diventerà più diffusa, i vaccini continueranno a dare protezione», ha assicurato ancora. Questa è la principale preoccupazione degli esperti al momento: è molto difficile che i vaccini, implementati sulla variante Alfa (ormai soppiantata dalla Delta), possano impedire l’infezione da variante Omicron ma è essenziale che proteggano da malattia grave ed esito nefasto.
«Il vaccino probabilmente non protegge dall’infezione perché abbiamo avuto dei casi, ma forse protegge dalla terapia intensiva – ha confermato la vicepresidente di Pfizer-BioNTech Katalin Karikò, intervistata da La Stampa –. Ci sono più livelli di protezione: la positività, i sintomi, il ricovero in ospedale, la rianimazione. Ma la situazione è in continua evoluzione, molto difficile da prevedere. Vedo molti colleghi fare esternazioni più o meno rassicuranti ma sono solo speculazioni. Nessuno sa con esattezza cosa accadrà. Una cosa però si può dire: quando venne scoperta la variante Delta, molte persone corsero a vaccinarsi e fecero bene. Perché più persone si vaccinano e meno possibilità ha il virus di evolvere e mutare. E quindi di continuare a diffondersi».
«Non sappiamo, per esempio – ha spiegato ancora la scienziata parlando anche con il Corriere della Sera – quanti dei contagiati in Sudafrica erano vaccinati, quanti di loro si sono ammalati, quanto gravemente. Se hai 1 o 2 casi, serve a poco: occorrono numeri alti. La verità è che per ora non sappiamo. Tutti guardano ai numeri dei contagi in crescita. Però sappiamo anche quante differenti varianti sono già comparse finora: un’altra sudafricana, una giapponese, l’inglese, l’indiana, la latino-americana, ce n’è stata una in California. Semplicemente, il virus evolve continuamente. Questo però non significa che per ogni variante serva un nuovo vaccino. Magari possiamo scoprire che è diminuita l’efficacia contro l’infezione, ma la protezione resta comunque molto alta contro la malattia».
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