Sanità 25 Marzo 2022 13:08

Viaggio nella mente di Volodymyr Zelensky

Cosa ci dice il leader ucraino con il suo linguaggio non verbale? Ne parliamo con la dottoressa Cristina Brasi, Psicologa Criminologa ed Analista Comportamentale

di Stefano Piazza
Viaggio nella mente di Volodymyr Zelensky

«Una settimana fa ho parlato durante un incontro per la pace a Firenze in cui ho chiesto a tutti di ricordare il numero 79, che era il numero di bambini uccisi. Ora sono 117. È questo è il prezzo della procrastinazione del conflitto». Lo scorso 22 marzo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è intervenuto in videoconferenza da Kiev alle Camere italiane, riunitesi a Montecitorio. Una testimonianza molto toccante nella quale Zelensky ha ricordato i bambini vittime dell’insensata guerra scatenata da Vladimir Putin con queste parole. Ne suo accorato discorso il presidente ucraino che era stato accolto da una vera e propria standing ovation ha ricordato tutta la drammaticità nella quale vive la popolazione civile: «Sono decine di migliaia le famiglie distrutte – le prime parole pronunciate da Zelensky –. I morti vengono seppelliti nelle fosse comuni, l’invasione russa sta distruggendo il nostro Paese, il nostro popolo è diventato un esercito».

Il presidente ucraino si è soffermato sulla città martire di questa guerra, Mariupol, ormai quasi completamente distrutta ma ancora sotto assedio da parte dell’esercito russo: «Mariupol è grande come la vostra Genova, dove io sono stato: immaginate Genova completamente distrutta. Sono rimaste solo rovine. Queste azioni in Europa sono state compiute solo dai nazisti. Bisogna fare di tutto per fermare questa guerra, organizzata da una sola persona». Con la dottoressa Cristina Brasi, Psicologa Criminologa ed Analista Comportamentale autrice per la nostra testata della profilazione del presidente russo Vladimir Putin, cerchiamo di capire qualcosa di più sulla personalità di Volodymyr Zelensky diventato ormai una figura iconico in tutto il mondo.

Dottoressa Brasi, partiamo dal 2015, anno nel quale l’allora attore e produttore televisivo Volodymyr Zelensky produce ed interpreta la serie televisiva Servant of the Peoplkem (Servitore del Popolo).

«Nella serie Zelensky interpreta un Professore di storia divenuto improvvisamente Presidente, un capo onesto, capace di superare in astuzia antagonisti e detrattori, gli stessi elementi che troveremo poi nella campagna presidenziale, i cui assiomi sono stati la lotta alla corruzione e al potere degli oligarchi. Una campagna quasi interamente virtuale. La strategia comunicativa di Zelensky ha difatti sempre fatto uso massiccio dei social network, in particola modo di Instagram, dimostrando una piena conoscenza della natura della comunicazione contemporanea».

Come comunica oggi il presidente ucraino?

«I suoi messaggi sono caratterizzati da frasi semplici, comprensibili, ma di grande impatto emotivo. La voce è sempre ferma e decisa, mostrando consapevolezza e fornendo sicurezza. Per il Presidente l’attenzione viene posta sul significato della comunicazione stessa. Essendo impossibile per l’essere umano adottare un pensiero esclusivamente razionale, la mente umana ha incorporato comportamenti intuitivi che hanno consentito la sopravvivenza in ambienti ostili, per mezzo di decisioni euristiche. Le euristiche funzionano correttamente, ma producono sistematicamente distorsioni cognitive del giudizio (bias cognitivi) in altri ambiti. Se le euristiche sono dunque nient’altro che processi di pensiero automatici sorti durante l’evoluzione che aiutano il rapido raggiungimento di una soluzione nel momento in cui occorre prendere una decisione in uno specifico contesto, i bias cognitivi hanno lo scopo di rendere l’essere umano “cieco” rispetto a certe informazioni per favorire la rapidità e la frugalità decisionali».

Impressiona il fatto che dopo un mese di conflitto il presidente ucraino mantiene intatta la capacità comunicativa con la quale, almeno in questo, sta sconfiggendo Vladimir Putin. É d’accordo?

«È davvero complesso, in una situazione come quella che stanno vivendo gli ucraini, comunicare efficacemente evitando il sistemico ed automatico intervento dei bias. In Zelensky l’entropia, intesa come misura del disordine di un sistema, è molto chiara e viene quindi contrastata, sia a livello verbale che non verbale, per mezzo dell’esposizione di contenuti che non lasciano spazio a differenti interpretazioni, comunicati con tono fermo che, al contempo, descrivono la gravità della situazione pur facendo mantenere la calma e spingendo il popolo all’azione e alla reazione. Non è semplice gestire in maniera mediatica una situazione di tale portata, in quanto diversi fattori vengono chiamati in causa al medesimo tempo, la salute, la sicurezza, l’economia. Zelensky è riuscito quindi ad adottare una comunicazione in grado di salvaguardare la sicurezza delle persone non creando panico e reazioni sovversive interne. Ha fornito in questo modo alla popolazione degli strumenti che sono serviti soprattutto a supporto adattivo».

Che leader è Zelensky? Da dove trae la sua forza comunicativa?

«La sua concezione di leadership è fortemente legata a quello di struttura e di dinamica di gruppo. Ne è un esempio la sua efficacia comunicativa, frutto di una predisposizione individuale, ma resa possibile da un lavoro di team, dove nulla, dal linguaggio, ai contenuti, alle citazioni, al vestiario, è lasciato al caso. Questo elemento non solo è focale, ma segna una svolta nel linguaggio politico, la leadership di Zelensky sorpassa quella che ha caratterizzato gli ultimi decenni, ossia la leadership finalizzata all’indurre il consenso, come esercizio di influenza. La popolazione è, grazie alle caratteristiche di Zelensky, parte della soluzione, il popolo si sente compartecipe di una realtà comune e condivisa, con estrema consapevolezza del proprio potere di azione».

Che tipo di narrazione utilizza?

«È volta alla prospettiva, alla soluzione, e a un concetto di identità formata da singole diversità. La sua leadership è il fattore emergente dell’interazione, diventa quindi un effetto dell’azione del gruppo e non più un suo elemento formante in cui, ogni individuo, interagendo con altre persone, gioca un ruolo diverso e pregnante dagli altri individui. Il concetto di leadership viene così differenziato da quello di dominio, il leader non è colui che obbliga le persone ad obbedirlo perché detiene il potere, ma è colui che ha come compito principale quello di costruire un gruppo orientato all’obiettivo e a motivarlo al suo raggiungimento e dove i risultati rimangono sempre legati alla performance del gruppo».

Torniamo allo scorso 22 marzo e al suo intervento alle Camere italiane: come è stato il suo approccio?

«Appena è iniziato il collegamento Zelensky aveva con la testa piegata verso sinistra, una posizione che indica ascolto sincero. Ringraziando le persone in ascolto è andato in avanti con la testa quando ha pronunciato la parola “signore” in segno di rispetto. Poi durante tutto il discorso ha mostrato coerenza tra contenuti verbali e non verbali. Lo sguardo è concentrato, diretto, ma non aggressivo, indicando profonda dignità dal momento in cui sta chiedendo supporto. Ha richiamato Genova, riuscendo a far comprendere empaticamente, attraverso anche l’immaginario visivo, cosa sta davvero accadendo alla popolazione ucraina. È molto interessante la coerenza che mostra nel momento in cui parla della salute, quando difatti ricorda che l’Ucraina è stata vicina all’Italia durante la pandemia pone la mano aperta sul petto e fa il medesimo gesto nel momento in cui parla delle ferite e delle contusioni dei bambini in guerra. L’unico momento in cui emerge la rabbia è quando dice “abbiamo bisogno di altre sanzioni”, dove, per un momento, chiude la mano a pugno, ma anch’esso è un comportamento non verbale coerente con lo stato d’animo e i contenuti verbali. La testa viene utilizzata per enfatizzare i contenuti e la mano, solo la sinistra, viene usata come illustratore, ossia per spiegare per mezzo del movimento il contenuto linguistico. Chiude ringraziando per l’aiuto e sposta la testa verso sinistra, rimettendosi quindi in posizione di ascolto».

 

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