Salute, benessere e prevenzione
i consigli quotidiani per vivere meglio.
«Cattiva digestione, gonfiore, pesantezza. Sono questi i sintomi più frequenti che spingono un numero sempre maggiore di persone a chiedere aiuto al gastroenterologo. E nella maggior parte dei casi, i pazienti hanno già fatto la loro autodiagnosi: intolleranza alimentare». Ma è davvero così? Facciamo un po’ di chiarezza con la dottoressa Carolina Ciacci, gastroenterologa e docente ordinario […]
«Cattiva digestione, gonfiore, pesantezza. Sono questi i sintomi più frequenti che spingono un numero sempre maggiore di persone a chiedere aiuto al gastroenterologo. E nella maggior parte dei casi, i pazienti hanno già fatto la loro autodiagnosi: intolleranza alimentare». Ma è davvero così? Facciamo un po’ di chiarezza con la dottoressa Carolina Ciacci, gastroenterologa e docente ordinario di Gastroenterologia all’Università degli studi di Salerno.
Professoressa, di fronte ai sintomi più comuni di disturbi gastrointestinali, a quali esami bisogna sottoporsi?
«Sfatiamo subito il primo mito. Non esiste un vero test che ci consenta di accertare un’intolleranza alimentare. Solo il gastroenterologo, con la sua esperienza e ascoltando i sintomi descritti dal paziente, può arrivare ad una diagnosi e suggerire una terapia adeguata. Nella maggior parte dei casi, il tutto si risolve con una correzione delle abitudini dietetiche. Di solito, non è un singolo alimento a provocare dei disturbi, quanto piuttosto la combinazione di cibi diversi tra loro. Accade, ad esempio, che molti degli alimenti fermentabili possano dare gonfiore addominale e pesantezza. Di conseguenza, una dieta che riduca l’assunzione di questi zuccheri aiuterà anche ad eliminare i fastidi».
Tutte le intolleranze possono essere curate e diagnosticate allo stesso modo?
«No, due fanno eccezione. Quella al glutine e quella al lattosio, entrambe diagnosticabili con specifici test. Quest’ultima, in particolare, è l’intolleranza più diffusa, ma anche la più facile da gestire. Innanzitutto, va evidenziato che chiunque provi ad eliminare il latte, soprattutto in età adulta, ne trarrà beneficio. Poi, chi è intollerante al lattosio qualche strappo alla regola può farlo. Lo stesso non si può dire del glutine. Per un celiaco anche un solo granello di glutine è molto dannoso. Attualmente la celiachia colpisce l’1% della popolazione ed è importante sottolineare che chiunque abbia il sospetto di soffrire di questa patologia deve eseguire gli specifici test quando si è ancora a dieta libera, ossia prima di eliminare il glutine dal proprio regime alimentare».
Anche i sintomi differiscono, a seconda dell’intolleranza, come la metodologia di diagnosi?
«Il sintomo per eccellenza della celiachia è la stanchezza, l’astenia, che è frequentissima. Altri non sono sintomi, ma segni di laboratorio, come l’anemia sideropenica, dovuta a carenza di ferro che, nel caso del soggetto celiaco, è causata da malassorbimento. Per le altre intolleranze, gonfiore e pesantezza sono i sintomi più diffusi. Generalmente, si manifestano soprattutto durante il pomeriggio. Per questo motivo si raccomanda, spesso, di limitare l’assunzione di carboidrati durante l’arco della giornata. Attenzione: limitarli, non eliminarli. Una limitazione che comunque gioverebbe anche a chi non soffre di intolleranze alimentari. Forse, nella nostra società mangiamo un po’ troppo, abbiamo dimenticato i cibi semplici. Dopo una certa età, tutti dovrebbero aumentare il livello di assunzione delle proteine e ridurre quello dei carboidrati. Un piccolo accorgimento che aiuta a migliorare il benessere, indipendentemente dalla presenza di una vera e propria intolleranza alimentare».