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È una vitamina-ormone prodotta dall’organismo quando ci esponiamo al sole. E se manca?
Si chiama vitamina D, ma è una vitamina sui generis, non in senso stretto. Il termine vitamina, infatti, si riferisce alle sostanze organiche indispensabili per la vita che devono necessariamente essere introdotte con l’alimentazione perché l’organismo non è in grado di sintetizzarle. La vitamina D, invece, è presente in alcuni alimenti ma è prodotta dall’organismo in seguito all’esposizione della pelle al sole. È più correttamente un pre-ormone, che ha il compito di regolare il metabolismo del calcio e del fosforo e favorire il processo di mineralizzazione dell’osso. Inoltre, contribuisce al buon funzionamento del sistema immunitario.
Alla nostra latitudine, da marzo a settembre, una persona sana, e senza particolari fattori di rischio, è in grado di ottenere quantità sufficienti di vitamina D dai raggi solari.
La quantità di vitamina D prodotta dipende, però, da molti fattori. L’orario del giorno, la stagione, la latitudine e il colore della pelle. A seconda di dove abitiamo e del nostro stile di vita, la produzione di vitamina D potrebbe diminuire o essere completamente assente durante i mesi invernali.
Gli esperti consigliano di:
La vitamina D si trova in alcuni alimenti come:
Una fonte importante di vitamina D è l’olio di fegato di merluzzo, ma non è un costituente normale della dieta. Si calcola che solo il 10-20% della vitamina D provenga dalla dieta ed il restante 80-90% dalla sintesi nella pelle dopo l’esposizione al sole.
La mancanza di vitamina D non dà segnali evidenti, ma si possono avere:
La vitamina D si valuta misurando i livelli del calcidiolo o 25 idrossivitamina D nel sangue. In genere, valori più alti in estate e più bassi in inverno e autunno sono normali. La recente nota dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha aggiornato le indicazioni per la prevenzione e trattamento della carenza di vitamina D nella popolazione adulta. Ha indicato come valori desiderabili di 25(OH)D valori compresi tra 20 e 40 ng/mL.
La carenza di vitamina D, quindi, si individua in valori inferiori ai 20 nanogrammi per millilitro.
L’AIFA chiarisce che è giustificato l’inizio della supplementazione di vitamina D in presenza di carenza accertata e in categorie a rischio come:
Esistono, in commercio, tanti integratori contenenti quantità variabili di vitamina D, da sola o insieme ad altre vitamine e sali minerali. Al contrario, i farmaci contenenti vitamina D devono essere assunti solo su prescrizione medica perché dosaggio e somministrazione variano da persona a persona. Dopo la supplementazione di vitamina D bisogna aspettare almeno 3-4 mesi prima di ripetere gli esami del sangue.
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