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La scoperta sulla causa principale della rara patologia cardiaca emerge da uno studio condotto presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – Università Cattolica ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of the American College of Cardiology
La sindrome di Brugada è una rara patologia del cuore su base genetica ad ereditarietà autosomica dominante, legata alla disfunzione di un gene SCN5A, localizzato sul cromosoma 3.
La prevalenza della sindrome di Brugada nel mondo è stimata in cinque casi ogni diecimila individui. La maggior parte delle volte viene diagnosticata durante l’adolescenza e in età adulta; in età infantile può spiegare, in alcuni casi, la sindrome della morte in culla. Gli uomini risultano essere più colpiti rispetto alle donne, con un’incidenza da otto a dieci volte maggiore. Oltre al sesso, anche la familiarità è un fattore di rischio non modificabile. I decessi si verificano fra i 30 e i 40 anni ma, fortunatamente, solo una minoranza va incontro ad aritmie fatali.
Da sempre, la sindrome di Brugada, è stata considerata un disturbo “elettrico” del cuore in apparente assenza di alterazioni del cuore e del muscolo cardiaco. Oggi, grazie a uno studio condotto dal Gemelli e coordinato dal professor Antonio Oliva dell’Istituto di Sanità Pubblica dell’Università Cattolica – UOC Medicina Legale Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – si è scoperto che nel 75% dei casi di sindrome di Brugada, alla base delle aritmie cardiache tipiche della patologia, c’è un’anomalia del muscolo cardiaco stesso e uno stato infiammatorio anomalo.
La ricerca è stata supportata da un finanziamento della Fondazione Telethon assegnato a Maurizio Pieroni del Dipartimento Cardiovascolare e Neurologico dell’Ospedale San Donato di Arezzo e al professor Oliva in collaborazione con Ramon Brugada dell’Università di Girona in Spagna, che ha scoperto la sindrome.
«Con questo studio – spiega il professor Oliva – si è fatta luce sui meccanismi biologici che determinano il rischio di aritmie fatali nei pazienti affetti da sindrome di Brugada». «La sindrome di Brugada – commenta il professor Filippo Crea, direttore del Dipartimento di Scienze cardiovascolari e toraciche del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – Università Cattolica – è caratterizzata da un’alterazione dell’elettrocardiogramma che porta il paziente all’attenzione del cardiologo. È stata considerata finora una malattia genetica che provocando un’alterazione funzionale delle cellule cardiache, aumenta il rischio di morte improvvisa».Questo studio mette la sindrome di Brugada in una luce completamente nuova, dimostrando che non solo alterazioni genetiche ma anche un’infiammazione del cuore può causare la sindrome di Brugada. Apre pertanto nuove strade per l’identificazione dei pazienti con sindrome di Brugada ad alto rischio di morte improvvisa che necessitano dell’impianto di un defibrillatore» conclude il professore.