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Drago (cardiologo): «Una nuova tecnica di ablazione più precisa e sicura per la tachicardia da rientro nodale consente, con l’aiuto di un nuovo sistema di mappaggio del voltaggio elettrico del cuore tridimensionale, di identificare con colori ben definiti l’area su cui intervenire»
Se un bambino corre, pratica attività o giochi in movimento, i battiti del cuore aumenteranno in modo fisiologico. Ma cosa accade quando accelerano, oltre i limiti normali o abituali, anche durante momenti di calma e relax? «È possibile che il bambino soffra di tachicardia», risponde Fabrizio Drago, responsabile di Cardiologia S. Paolo e Palidoro – S. Marinella e Aritmologia.
In età pediatrica le tachicardie possono essere classificate in parossistiche o croniche. «Le prime – spiega Drago – hanno un inizio e una cessazione improvvisi e sono caratterizzate da un’alta frequenza cardiaca. Repentinamente il cuore accelera molto di più che durante un’attività fisica, superando quella che è la frequenza massima abituale dell’individuo. E l’accelerazione non cessa con il semplice rilassamento. Può durare da pochi secondi a molte ore, tanto che, in alcuni casi, è necessario recarsi al pronto soccorso, affinché sia interrotta con degli appositi farmaci».
Accanto a queste manifestazioni più comuni esistono delle forme croniche, più occulte e insidiose. «La frequenza cardiaca appare più elevata di quella che bisognerebbe avere durante le normali attività quotidiane, ma non così tanto da creare un disturbo realmente percepibile – sottolinea il cardiologo -. Quindi, lentamente, il cuore si dilata, fino a scompensarsi. Spesso, prima che un bambino arrivi alla nostra attenzione, perché non tollera più quella frequenza cardiaca alterata, trascorrono mesi, se non addirittura anni».
Alla fine degli anni ’90 si è passati da cure prevalentemente farmacologiche ad una preponderanza di trattamenti interventistici. «Negli ultimi 10 anni la cura farmacologica è riservata solo ai bambini al di sotto dei tre anni, soggetti in cui gli interventi sono, generalmente, considerati ad alto rischio – commenta Drago -. La cura farmacologica è in grado di diminuire il fenomeno o di eliminarlo temporaneamente, per la durata della cura stessa. La terapia interventistica dell’ablazione transcatetere, invece, è definitiva nella maggior parte dei casi. È utilizzata anche nei bambini molto piccoli (da 0 a 3 anni) nei casi in cui risultino refrattari alla terapia farmacologica».
Determinate alterazioni del ritmo cardiaco (come la tachicardia da rientro nel nodo atrio-ventricolare) vengono eliminate in genere, sia nell’adulto che nel bambino, con le tecniche di ablazione transcatetere con radiofrequenza. I ricercatori si sono adoperati per eliminare i rischi di questo tipo di ablazione mettendo a punto una nuova tecnica di mappaggio del voltaggio elettrico del cuore in 3D. «Un catetere – spiega lo specialista – segue la superficie interna del cuore, mappando punto per punto sia il profilo anatomico che quello elettrico. La mappa colora in rosso le aree di basso voltaggio e in giallo, azzurro e blu quelle di voltaggio progressivamente più elevate, fino alla condizione di normalità caratterizzata dal colore viola. In questo modo, grazie ai colori, è possibile visualizzare con chiarezza la via di conduzione lenta come un’area ben delineata di basso voltaggio».
All’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma sono circa 200 i bambini trattati con la nuova tecnica che ha fatto rilevare un’assenza totale di complicanze e ridotto la recidiva al 2%, rispetto al precedente dato del 12-15%.
«Il rischio più grande di una tachicardia che deve esser curata è il non curarla – assicura Drago -. Le complicanze che derivano da una terapia farmacologia possono essere date da un errore di dosaggio nel bambino piccolissimo, che può indurre anche a danni gravi. I farmaci, inoltre, possono anche non aver alcun effetto o crearne di indesiderati, come altre aritmie. Nel migliore dei casi, la percentuale di successo è del 70%, ma nonostante tutto da 0 a 3 anni rappresenta il primo tentativo di cura».
Le tecniche chirurgiche sono state perfezionate nel tempo tanto che «oggi – assicura il cardiologo – le complicanze possibili sono inferiori all’1%, grazie anche all’utilizzo di un protocollo standardizzato di riduzione del rischio. Ciò nonostante, va considerato sempre che il cuore è una struttura sensibile e raffinata e, pertanto, è preferibile affidarsi a centri e professionisti esperti. I risultati sono positivi in 9 casi su 10, senza considerare – conclude Draghi – eventuali e successive complicanze che potrebbero emergere durante il follow-up».
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