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Tra le mete estive più richieste non c’è solo il mare. La montagna è adatta a tutti o è rischiosa per gli ipertesi?
Mare o montagna? Chi sceglie la seconda, spesso per combattere il caldo torrido, ama fare passeggiate a piedi e in bicicletta, trekking ed escursioni per godere di panorami eccezionali.
Ma chi soffre di ipertensione può trascorrere una vacanza ad alta quota senza correre rischi? Vediamo cosa ha risposto il professor Ciro Indolfi, Ordinario di Cardiologia dell’Università Magna Graecia di Catanzaro e Presidente della Società Italiana di Cardiologia.
Le località di montagna hanno effetti positivi sul corpo: la pressione atmosferica si riduce ad alta quota così come la concentrazione di ossigeno nell’aria.
Per reazione, il cuore pompa di più e aumenta la frequenza del respiro. Ne beneficia chi soffre di asma, disturbi delle vie aeree e problemi di allergia. Quali sono le raccomandazioni da seguire per gli ipertesi?
«Si definisce ipertensione arteriosa – spiega il professore – la presenza di valori di pressione arteriosa sistolica maggiori o uguali a 140 mmHg e/o valori di pressione arteriosa diastolica maggiori o uguali a 90 mmHg».
«Per chi soffre di ipertensione – aggiunge il professor Indolfi – è sconsigliato salire sopra i 2500 metri d’altitudine. C’è il rischio di possibili danni dovuti all’ipossia (condizione di carenza dell’ossigeno a livello dei tessuti dell’organismo) e ad un ulteriore aumento dei valori di pressione arteriosa. Si consiglia di evitare inoltre sforzi fisici strenui, di salire di quota gradualmente e di assumere la terapia consigliata abitualmente».
Se si viaggia in aereo meglio conservarli in un sacchetto di plastica a parte: è bene ricordare che a quote superiori ai 3500 metri i farmaci smettono di fare effetto.
Nel decalogo del «Buonsenso ad Alta Quota» ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle Malattie Cardiovascolari – Onlus, inoltre, si raccomanda di tener presenti questi accorgimenti:
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