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Avere sintomi depressivi in gravidanza è normale? Come capire se si soffre di depressione post partum? La parola all’esperta
Diventare mamma è un evento che cambia notevolmente la vita, può essere stressante e faticoso. Ci vuole tempo per adattarsi e diventare “genitore”: spesso, le neomamme si sentono tristi, piangono e sono ansiose. È una reazione considerata normale, a patto, però, che duri non più di due, tre settimane. Se i disturbi continuano, si potrebbe trattare di depressione post partum. Abbiamo approfondito il tema con un’esperta, la dottoressa Roberta Anniverno, psichiatra e Responsabile del Centro Psiche Donna di Milano.
«La depressione in gravidanza colpisce l’8,5-11% delle donne – spiega la dottoressa Anniverno – ma spesso non viene né riconosciuta né diagnosticata. La donna se ne vergogna, si sente in colpa e alcuni sintomi sono considerati normali durante la gestazione».
I sintomi riconducibili alla depressione in gravidanza sono:
La depressione in gravidanza, se non è gestita e trattata nel modo corretto, può portare con sé conseguenze a breve e lungo termine. «Crea delle manifestazioni neuroendocrine come l’aumento del cortisolo – l’ormone dello stress – e può dare luogo, nei casi più impegnativi, a nascite pretermine e bambini sottopeso. Inoltre, i sintomi possono continuare a manifestarsi dopo il parto – precisa la psichiatra -. Esistono terapie farmacologiche a base di farmaci antidepressivi molto efficaci per la mamma e tollerabili per il bambino, sia in gravidanza che nel post partum e in fase di allattamento».
Può succedere anche che una donna viva la gravidanza con grande benessere e incorra poi in un episodio depressivo dopo la nascita del bambino. «Succede al 12-15% delle donne – sottolinea la dottoressa Anniverno – il trimestre piu a rischio è il primo, ma può avere anche un esordio più tardivo». I sintomi riguardano la sfera affettiva, fisica, psicologica e sono gli stessi di quella in gravidanza. «Il sonno è un acceleratore del malessere depressivo – spiega – la mamma che allatta va aiutata a trovare strategie ottimali per permetterle di riposare quando ne sente il bisogno oppure, si può valutare se sia il caso di promuovere un allattamento misto o artificiale».
«Le depressioni, teoricamente, hanno una vita fisiologica propria e si risolvono naturalmente nel giro di qualche mese – evidenzia la dottoressa -. Molto spesso, però, la depressione, prima di spegnersi, peggiora e diventa grave. È questo il motivo per cui va curata, bisogna intervenire per contenerla e affinché tutto sia risolto con il minor dispendio di energie possibile per la paziente».
Alla collaborazione familiare e al supporto psicologico si può affiancare una terapia farmacologica a base di farmaci antidepressivi: «Ci sono alcune molecole ormai note con un peso molecolare alto che non raggiungono il bambino e possono essere assunte anche durante l’allattamento» puntualizza l’esperta. Il trattamento è importante perché nel post partum «la mamma è il riferimento principale per il bambino e una mamma depressa è sofferente ma anche assente non solo nella cura pratica ma anche nella relazione affettiva. E questo può compromettere lo sviluppo del bambino».
«La depressione tardiva è più facile che non si riferisca a un esordio tardivo – la fine del primo anno di vita del bambino – ma ad una depressione iniziale non riconosciuta o non accolta dalla mamma, dal medico curante o dalla famiglia e manifestarsi, quindi, in epoca tardiva» aggiunge la dottoressa Anniverno.
«Se una mamma ha avuto una storia di depressione o ansia, questo può rappresentare un fattore di rischio in gravidanza – precisa la dottoressa – quindi, se si ripresentano manifestazioni simili, pensieri negativi e cupi e stati d’animo di difficoltà, può rivolgersi, in primis, al medico di famiglia e al ginecologo. In caso di bisogno, ci sono i consultori familiari e gli ambulatori psichiatrici territoriali a cui affidarsi per trovare uno sportello di ascolto specifico». È fondamentale coinvolgere sempre familiari e il proprio compagno: «La mamma, in questo caso, ha un supporto importante, un fattore di protezione in più, un grande alleato in casa e con il bambino» conclude l’esperta.
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