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La forza della vita non si ferma mai, nonostante in questo periodo sia messa a dura prova dallo scenario angosciante della pandemia da covid-19. Ne sono testimonianza le mamme in dolce attesa, che vivono la gravidanza in quarantena, tra la paura di dover partorire in una situazione così singolare e l’enorme gioia che porta in […]
La forza della vita non si ferma mai, nonostante in questo periodo sia messa a dura prova dallo scenario angosciante della pandemia da covid-19. Ne sono testimonianza le mamme in dolce attesa, che vivono la gravidanza in quarantena, tra la paura di dover partorire in una situazione così singolare e l’enorme gioia che porta in casa l’arrivo di un figlio.
La buona notizia è che negli ospedali medici, infermieri, tecnici, fisici medici, continuano a lavorare per garantire l’assistenza sanitaria a tutti.
L’AIFM (Associazione Italiana di Fisica Medica) ha rilasciato un documento con le raccomandazioni per le donne in gravidanza che devono effettuare i controlli periodici in questo difficile momento dovuto alla diffusione del Coronavirus. Le future mamme, infatti, vivono con una maggiore preoccupazione il fatto di dover andare in ospedale sia per i normali esami periodici della gravidanza, sia nel caso di necessità di altre cure, interventi medici ed esami radiologici.
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È in questo particolare momento, infatti, che è necessario tranquillizzare le future mamme rispondendo ad alcune delle domande più ricorrenti sui rischi delle radiazioni in gravidanza.
«Le prime – spiegano gli esperti AIFM – sono radiazioni elettromagnetiche ad alta energia che interagiscono con i tessuti umani. I più conosciuti in ambito medico diagnostico sono i raggi X, che vengono utilizzati con basse dosi per eseguire per esempio la radiografia, la mammografia e la TAC. Le seconde invece sono sempre radiazioni elettromagnetiche, ma a bassa energia come le radiofrequenze. In diagnostica si utilizzano, per esempio, le radiofrequenze abbinate ai campi magnetici statici per eseguire gli esami di risonanza magnetica».
«Il rischio correlato alle radiazioni ionizzanti utilizzate in diagnostica è estremamente basso e i benefici superano di gran lunga i rischi. I danni da radiazioni ionizzanti sono stati infatti dimostrati solo per dosi molto elevate come l’esposizione della popolazione giapponese alle radiazioni dei bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaky. I principali danni evidenziati sono stati i tumori radioindotti. Per basse dosi i dati a disposizione non sono invece statisticamente significativi. Cautelativamente, si ipotizza che le radiazioni ionizzanti siano potenzialmente dannose anche alle basse dosi, così da garantire sempre, prima di ciascun esame radiologico, che vengano soddisfatti i principi di giustificazione e ottimizzazione. Il primo garantisce che i benefici nell’esecuzione dell’esame per il paziente siano superiori ai rischi e il secondo, invece, che l’esame una volta giustificato sarà eseguito con il minor quantitativo possibile di radiazione pur garantendo sempre la qualità diagnostica necessaria».
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«Per le radiazioni non ionizzanti invece, a differenza delle radiazioni ionizzanti, ad oggi non si conoscano ancora a fondo tutti gli effetti. Non esiste evidenza scientifica di una possibile relazione causa-effetto di induzione di tumori. L’unico effetto certo e documentato è quello del riscaldamento dei tessuti».
«Per quanto concerne il feto, secondo gli studi scientifici più recenti, le dosi di radiazione utilizzate nella diagnostica per immagini non sono associate a danni misurabili. La principale preoccupazione legata all’esposizione alle radiazioni degli organi riproduttivi era un aumento del rischio di effetti sulla progenie; tuttavia, secondo la Pubblicazione 103 della Commissione internazionale sulla radioprotezione (ICRP) del 2007, “nessuno studio sull’uomo fornisce prove dirette di un eccesso di malattie ereditarie associato alle radiazioni”. Allo stesso modo, le linee guida dell’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), con l’approvazione dell’American College of Radiology (ACR), affermano che “con poche eccezioni, l’esposizione alle radiazioni di una radiografia, di un’acquisizione TC, o di un esame di medicina nucleare espongono a una dose molto più bassa rispetto a quella che potrebbe indurre un danno fetale”. Se quanto detto vale per esami con esposizione nel distretto addominale, i rischi saranno totalmente trascurabili per esami quali la mammografia che espone alle radiazioni il seno, distretto corporeo distante dal feto».
«Nessuno, perché l‘esame ecografico non utilizza radiazioni, bensì onde sonore».
Il consiglio – precisano gli specialisti – a tutte le donne in gravidanza è pertanto di recarsi serenamente nei propri ospedali per eseguire i controlli radiologici se necessari, anche in questo tempo di emergenza sanitaria. E’ bene, infatti, anche ricordare che tutti gli ospedali hanno creato dei percorsi separati per i pazienti a cui è già stato diagnosticato il covid oppure con il sospetto di averlo contratto, rispetto a tutti gli altri pazienti. All’ingresso di tutti gli Ospedali viene effettuato uno screening con misurazione della temperatura e accesso consentito solo con la mascherina. Inoltre, tutti gli ospedali dotati di un Servizio di Fisica Sanitaria potranno mettere a disposizione le competenze dei loro Fisici Medici per valutare anche singolarmente la stima della dose al feto per tutte le pazienti che lo richiedano e si sentano cosi più sicure per sé stesse e per il proprio bambino» concludono.
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