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Corregge i disturbi endocrino-metabolici legati alla sindrome dell’ovaio policistico, come l’iperandrogenismo e l’iperglicemia, e dona nuove speranze a chi ha problemi legati all’infertilità. Si chiama inositolo ed è una pseudovitamina. Ne parla il professor Vittorio Unfer, uno tra i maggiori esperti al mondo di questa molecola
Cereali, frutta secca, lecitina di soia, riso integrale, grano saraceno, avena, orzo, arance, fragole, piselli e cavolfiore, sono tutti alimenti ricchi di inositolo. Una molecola primordiale su cui gli scienziati di tutto il mondo, da ormai 20 anni, stanno concentrando i propri studi per evidenziarne le proprietà benefiche. Ne parla, a Sanità Informazione, uno tra i maggiori esperti al mondo, il professor Vittorio Unfer, autore di centinaia pubblicazioni e abstract su periodici nazionali ed internazionali sulla ricerca legata a questa molecola.
«L’inositolo – spiega Vittorio Unfer, ginecologo e fondatore di EGOI (The Experts Group on Inositol in Basic and Clinical Research) – non è una vitamina, anche se spesso è riconosciuta come vitamina B7. A differenza di queste, infatti, l’organismo è in grado di sintetizzarlo in quantità sufficiente, per cui ricade nella classe delle pseudo-vitamine. È efficace nella cura dell’ovaio policistico nel 70% dei casi. Ma attenzione, indurre l’ovulazione in 7 pazienti su 10 – sottolinea il professore – non significa guarirle, poiché la policistosi ovarica deriva da una predisposizione genetica. Tuttavia, permette alle donne di essere fertili nel momento in cui effettuano la cura: è possibile trarre ottimi risultati anche in soli due mesi di somministrazione».
I successi ottenuti attraverso il myo-inositolo potrebbero rappresentare anche una nuova speranza per la Pma (la Procreazione medicalmente assistita). «Non è la soluzione – specifica Unfer – ma può esserlo nei casi in cui l’infertilità sia causata da un’anovulazione. L’età della coppia è un fattore decisivo se si decida di optare o meno per questo trattamento. Nelle donne oltre i quarant’anni, di solito, è consigliabile intervenire in modo immediato, ricorrendo direttamente alle tecniche di procreazione medicalmente assistita».
Negli ultimi anni decenni l’infertilità maschile ha mostrato un aumento significativo associato al declino della conta spermatica del 50-60%. Trenta milioni di uomini nel mondo sono infertili con un’incidenza superiore in Europa Centrale e in generale in Occidente. «Con lo scopo di migliorare le performance riproduttive, negli ultimi anni è stato valutato l’utilizzo del myo-inositolo (MI) nella pratica clinica. Numerosi studi hanno dimostrato, infatti, che l’integrazione con myo- inositolo non solo migliora alcune caratteristiche spermatiche, ma anche i profili ormonali e metabolici nei pazienti subfertili», assicura Unfer.
Di recente è uscito il primo position paper, pubblicato su International Journal of Molecular Sciences in cui è stato dato ampio risalto alle evidenze cliniche sull’uso degli inositoli nell’ambito della riproduzione femminile e maschile, alla prevenzione del diabete gestazionale e dei difetti del tubo neurale. «Il D-chiro-inositolo (DCI), pur essendo quasi gemella del myo-inositolo – dice Unfer – ha un comportamento completamente diverso. Abbiamo scoperto essere in grado di riequilibrare il testosterone sia nel genere maschile, che femminile. Gli effetti possono essere tarati attraverso la quantità somministrata e la durata del trattamento. Non si tratta, dunque, solo di una medicina che tiene conto del genere del paziente, maschio o femmina, ma anche della sua condizione individuale (età, peso corporeo, situazione fisiopatologica), così – conclude il ginecologo – da ottenere una terapia sempre più precisa ed efficace».
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