Salute, benessere e prevenzione
i consigli quotidiani per vivere meglio.
Palomba (ginecologo): «In linea teorica tutte le donne possono conservare gli ovociti, ma di solito lo fa chi segue un percorso di PMA, chi ha ricevuto una diagnosi di cancro o chi voglia procrastinare la propria vita produttiva»
Si chiama riserva ovarica. E’ la capacità dell’ovaio di produrre follicoli. Pur decrescendo progressivamente all’avanzare dell’età della donna, oggi è possibile preservarla attraverso la crioconservazione degli ovociti. Quali donne possono effettuare un prelievo ovocitario? Come, quando e perché? Ecco le risposte di Stefano Palomba, professore di Ginecologia e Ostetricia all’Università Magna Graecia di Catanzaro e responsabile del coordinamento dei GIS SIRU (Società Italiana di Riproduzione Umana).
La riserva ovarica può essere controllata attraverso specifici esami. «La conta follicolare o dei follicoli antrali (AFC) è un esame ecografico che viene eseguito per via transvaginale tra il terzo e il quinto giorno del ciclo mestruale ed è attualmente tra le tecniche di misurazione di riserva ovarica più utilizzate – spiega Palomba -. Esistono, poi, esami di laboratorio, come il dosaggio dell’ormone antimulleriano, da effettuare attraverso un prelievo di sangue. I risultati ottenuti devono essere sempre valutati da uno specialista, poiché non esistono valori che possano essere ritenuti ottimali in modo universale».
Una buona riserva ovarica non è necessariamente correlata ad una altrettanto buona capacità riproduttiva della donna. «In alcuni casi – sottolinea il ginecologo – una produzione superiore o inferiore di ormone antimulleriano non corrisponde ad un valore ugualmente basso o alto di follicoli. Una paziente con ovaio policistico, ad esempio, potrà avere una quantità elevata di questo ormone, pur avendo lo stesso numero di follicoli di una donna con livelli adeguati di ormone antimulleriano. Altre patologie, al contrario, come l’anoressia nervosa, possono essere causa di una produzione ormonale inferiore».
In linea teorica tutte le donne possono conservare gli ovociti, ma è bene che lo faccia solo chi ne ha reale necessità. «Di solito – dice Palomba -, conserva i propri ovociti una donna che, seguendo un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), abbia la necessità di crioconservare gli ovociti prodotti in surplus a seguito di stimolazione ovarica. Ancora, le donne che ricevono una diagnosi di cancro, poiché i trattamenti oncologici possono compromettere la fertilità. Prelevare gli ovociti prima di cominciare il percorso di cura può offrire alla donna la possibilità di diventare mamma, a guarigione avvenuta, attraverso una tecnica di PMA. Infine, può decidere di conservare i propri ovociti qualsiasi donna che voglia procrastinare la propria vita produttiva. A tal proposito, però, è doveroso sottolineare un aspetto. Se una donna decide di avere un figlio a 40 anni, pur usufruendo di ovociti crioconservati diversi anni prima, dovrà sempre e comunque fare i conti con la sua età anagrafica, non più ideale alla procreazione».
«Le complicanze rilevate a seguito di prelievo ovocitario e riportate in letteratura sono quasi del tutto insignificanti. Tuttavia, essendo il prelievo ovocitario considerato un intervento chirurgico a tutti gli effetti, da eseguire in anestesia locale o sedazione generale, non potrà mai essere considerato completamente scevro da rischi. Pur trattandosi di una procedura mininvasiva, sia da un punto di vista clinico, che chirurgico, è bene – conclude lo specialista – che la paziente sia adeguatamente informata prima di dare il suo consenso».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato