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Lo studio del Bambin Gesù individua un significativo miglioramento del mal di testa per il 46% dei bambini e dei ragazzi
Il lockdown non ha causato solo effetti negativi. Nei mesi chiusi in casa a causa dello scoppio della pandemia, i bambini affetti da cefalea sono stati meglio. Sono diminuiti, infatti, gli attacchi di mal di testa grazie soprattutto al calo della tensione scolastica.
Lo rileva uno studio condotto su oltre 700 famiglie dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con 9 Centri Cefalee italiani. I risultati della ricerca, appena pubblicati sulla rivista scientifica Cephalalgia, organo ufficiale dell’International Headache Society, documentano l’impatto rilevante di fattori emotivi come ansia e stress sulla frequenza e sull’intensità delle cefalee pediatriche.
«Il mal di testa, o cefalea – spiegano i medici del Bambini Gesù – è molto frequente non solo negli adulti, ma anche tra i bambini, specialmente in età scolare. Ci sono di vari tipi:
Lo studio è stato coordinato dal team di neuropediatri e psicologi del Centro Cefalee del Bambino Gesù in collaborazione con i Centri Cefalee italiani. «Nell’indagine sono state arruolate 707 famiglie con bambini e adolescenti tra i 5 e i 18 anni – proseguono – con diagnosi di cefalea primaria (emicrania e cefalea tensiva). A genitori e figli è stato somministrato un questionario anonimo che approfondiva:
La survey è stata utile per valutare l’impatto di questi fattori sulla cefalea».
«L’analisi dei dati – precisano i medici – ha evidenziato un significativo miglioramento del mal di testa per il 46% dei bambini e dei ragazzi, un peggioramento per il 15%, nessuna variazione di rilievo per il 39%. Nel primo gruppo la frequenza degli attacchi mensili è diminuita mediamente del 28% (da 7 a 5 episodi al mese), con cali anche del 40% tra i bambini con le forme più gravi di cefalea (da 15 a 9 attacchi mensili).
La causa principale del miglioramento è riscontrabile nella riduzione dell’ansia scolastica nel periodo di isolamento dovuto al lockdown. I ricercatori hanno infatti osservato che tanto più bassi erano i punteggi dei test sui livelli di stress, tanto maggiore era il miglioramento. Al contrario, nei ragazzi con un peggioramento della cefalea erano presenti sentimenti di ansia scolastica nonostante il passaggio alla didattica a distanza. Pressoché ininfluente, invece, l’uso dei farmaci antiemicranici: il 14% dei ragazzi era in terapia farmacologica e non ha mostrato differenze significative nella riduzione degli attacchi rispetto a chi non assumeva farmaci».
«I risultati dello studio confermano che gli interventi sugli stili di vita, per il controllo dei livelli di ansia e stress, rivestono un ruolo fondamentale e andrebbero sempre considerati quando si propone un trattamento per l’emicrania e per la cefalea di tipo tensivo» sottolinea la dott.ssa Laura Papetti, neuropediatra del Bambino Gesù e primo autore dello studio.
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