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L’esperto: «Nei bambini lo stimolo della sete è meno sviluppato rispetto agli adulti. Ma educarli alla corretta idratazione è fondamentale per supportare le capacità celebrali e migliorare le attività intellettive, compresa l’attenzione visiva e la memoria»
«Vertigini, stanchezza, riduzione della concentrazione, dell’attenzione e della memoria a breve termine. Ancora, rallentamenti nel tempo di reazione, riduzione nell’efficienza aritmetica e nelle capacità viso-motorie». Ecco i sintomi più frequenti tra i “giovani assetati”. Ad illustrare gli effetti negativi della scarsa idratazione, evidenziati in uno studio internazionale condotto su giovani sani, è Umberto Solimene, professore dell’università degli studi di Milano, membro dell’osservatorio Sanpellegrino e presidente Femtec (Federazione Mondiale del Termalismo).
Ma il vero allarme è tra i più piccoli: oltre 1 bambino su due (il 61%) non beve abbastanza. «In età infantile – spiega Solimene – seguire una corretta idratazione può essere difficile: nei bambini infatti lo stimolo della sete è meno sviluppato rispetto agli adulti e anche quando viene avvertito non garantisce l’assunzione della giusta quantità di acqua. Un altro recente test, condotto dai ricercatori della University of East London su un campione di 58 bambini tra i 7 e i 9 anni – continua il professore -, dimostra che per supportare le capacità celebrali e migliorare le attività intellettive ci sia bisogno di un adeguato apporto idrico: una corretta idratazione migliora significativamente l’attenzione visiva e la memoria».
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L’acqua rappresenta il costituente fisiologico più importante di tutti gli esseri viventi: «La sua concentrazione intracellulare ed extracellulare raggiunge il massimo livello nel neonato – dice l’esperto – arrivando a costituire circa il 75% del suo peso, mentre nel bambino è del 70%. Dal momento che, nei bimbi, il senso della sete non è sviluppato quanto negli adulti, è particolarmente importante controllare la quantità di liquidi e la frequenza con cui bevono, in modo tale da garantire una corretta idratazione. Bisogna infatti considerare che nel bambino le perdite di liquidi e di calore attraverso la pelle sono molto più importanti, visto che la superficie di tessuto cutaneo è – in proporzione alle sue dimensioni – doppia rispetto a quella dell’adulto. A queste perdite vanno poi aggiunte quelle che, fisiologicamente, si verificano tramite le feci e le urine. Inoltre, lattanti e infanti hanno un metabolismo rapido e una produzione di calore molto superiore rispetto agli adulti, con conseguente facilità di sudorazione e aumento della traspirazione».
Ma qual è la quantità giusta da assumere quotidianamente? «In un ambiente con temperatura e umidità normali e costanti – risponde Solimene – un bambino in condizioni di riposo dovrebbe assumere quotidianamente tra i 100 e i 120 ml/kg di acqua. Tale fabbisogno deve essere integrato da alimenti quali il latte materno o artificiale e successivamente da brodi, tisane e succhi di frutta che contengono anche proteine, sali, grassi, carboidrati, ecc. Va dunque considerato che l’acqua non funge da semplice reintegratore di fluidi, ma è un mezzo per veicolare in tutto il corpo i nutrienti presenti negli alimenti. I genitori devono porre particolare attenzione soprattutto fino ai 12 mesi di vita, quando l’infante non è ancora in grado di chiedere autonomamente l’acqua. Ma, anche in seguito, è buona abitudine proporre l’assunzione di acqua senza attendere lo stimolo della sete, abituando il bambino a riconoscere e manifestare la sua necessità di bere».
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Ovviamente le condizioni generali possono variare al mutare di alcune condizioni, come la temperatura, la pratica di attività fisica o la presenza di eventuali patologie. «Quando la temperatura e l’umidità ambientale aumentano e la sudorazione si fa più intensa – sottolinea Solimene – i genitori devono garantire un’assunzione quotidiana di acqua pari a circa il 3-4% del peso corporeo. Tale valore consente di prevenire gli effetti di un deficit idrico e di risolvere alcuni problemi che, quotidianamente, si possono presentare: febbre, stipsi, coliche gassose e nervosismo. La sintomatologia febbrile nei periodi caldi dell’anno deve infatti far pensare anche a una mancanza di liquidi e ad un’insufficiente idratazione: il bambino è lamentoso, insoddisfatto, sonnolento ma resistente al sonno, iperattivo. Intervenire prima che insorga la febbre è molto opportuno, poiché è il campanello d’allarme di un significativo debito di liquidi».
Chi beve poco corre dei rischi, sia immediati che a lungo temine. «La quantità e la tipologia di acqua scelta per il bambino possono avere un importante impatto sulla funzionalità di alcuni organi vitali. Ad esempio – spiega il professore – i reni, fino all’età di 2 anni, hanno una scarsa tolleranza nei confronti di numerosi sali: in particolare il sodio, che l’organismo tende a eliminare facilmente attraverso le urine perdendo con esse anche l’acqua. Sono dunque consigliate le acque minimamente mineralizzate e oligominerali. Una delle funzioni dell’intestino – soprattutto del colon, il tratto terminale – è il riassorbimento dell’acqua dalle feci. Se il bambino assume una corretta quantità d’acqua con l’idratazione, le feci tendono a essere più fluide e più facilmente eliminabili. Al contrario se l’idratazione non è sufficiente il transito delle feci nell’intestino rallenta, ricucendo la massa acquosa delle stesse e rendendo l’emissione dolorosa e difficoltosa. Inoltre il prolungato ristagno delle feci all’interno dell’intestino promuove la fermentazione e la produzione di gas, provocando le coliche gassose».
«Come negli adulti – commenta lo specialista – una perdita eccessiva di liquidi e una loro inadeguata assunzione può comportare conseguenze anche a livello celebrale: difficoltà di concentrazione e nervosismo». Ma niente paura, anche i più piccoli sono in grado di trasmettere un eventuale malessere: «Il bambino esprimerà tale sintomatologia lamentandosi e il suo sonno – conclude Solimene – risulterà continuamente interrotto per la necessità di acqua».