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Malattie e terapie 14 Dicembre 2021

I guariti dal Covid-19 sono più protetti dei vaccinati?

Sono più forti e duraturi gli anticorpi generati dal Covid-19 o quelli indotti dal vaccino? Attenzione alle errate interpretazioni..

Dopo la pubblicazione di uno studio condotto in Israele, si è diffusa la convinzione che l’immunità naturale, acquisita dopo aver avuto l’infezione da SARS-CoV-2 e il Covid-19, protegga di più di quella offerta dai vaccini. Ma è davvero così?

Dottoremaeveroche, il sito ‘anti – fake news’ della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo) fa chiarezza sull’argomento.  L’obiettivo è rispondere al quesito principale, ovvero se la risposta immunitaria successiva all’infezione spossa essere più duratura rispetto a quella innescata dai vaccini.

Quali sono i risultati dello studio israeliano?

«Lo studio in questione è, in realtà, in pre-pubblicazione e deve ancora essere sottoposto al processo di revisione da parte di altri esperti. È uscito su medRxiv, una piattaforma in cui sono messi a disposizione studi non ancora pubblicati su riviste accademiche, e che quindi ancora non sono passati attraverso il filtro della cosiddetta peer-review. Nella ricerca, gli studiosi israeliani hanno preso in esame dati relativi a tre categorie diverse di pazienti con più di 16 anni:

  • Vaccinati da almeno sei mesi con due dosi di vaccino Pfizer-BioNTech;
  • Persone che avevano avuto Covid-19 almeno sei mesi prima (entro il 28 febbraio 2021) dell’inizio dello studio;
  • Persone che avevano avuto Covid-19 almeno sei mesi prima e avevano anche ricevuto una dose di vaccino Pfizer-BioNTech almeno una settimana prima dell’inizio dello studio.

I ricercatori hanno confrontato i tassi di infezione di 16.215 persone vaccinate con i tassi di una seconda infezione in altrettanti soggetti guariti da Covid-19. Le caratteristiche demografiche tra questi due gruppi erano simili (il terzo gruppo entra in gioco dopo, in una successiva valutazione). C’erano solo minime differenze nelle condizioni di salute: alcuni individui, infatti, erano affetti da altre patologie.

Nel periodo di follow-up, i ricercatori hanno registrato in totale 257 casi di infezioni da SARS-CoV-2. In particolare, 238 nel primo gruppo e 19 nel secondo. Quindi, il rischio di infezione tra le persone vaccinate sembrerebbe essere 13 volte maggiore rispetto a quello di chi è guarito dopo aver avuto Covid-19. Dei 257 casi, 199 erano sintomatici: febbre, tosse, difficoltà respiratorie, perdita del gusto e dell’olfatto, dolori muscolari, debolezza, mal di testa e mal di gola, di cui 191 nel primo gruppo. In solo 9 casi è stata necessaria una ospedalizzazione, di cui 8 tra i vaccinati, e nessuno è deceduto.

Cosa significano questi dati?

Così descritti i risultati sembrano effettivamente indicare una maggiore protezione offerta dall’immunità naturale rispetto all’immunità conferita dal vaccino. Tuttavia, lo studio presenta una serie di limiti. Il primo è che è molto difficile stimare le infezioni e reinfezioni asintomatiche perché molto spesso gli asintomatici non si sottopongono a test. In questo studio il test per l’infezione da SARS-CoV-2 era su base volontaria. Inoltre, i ricercatori non hanno preso in considerazione l’effetto di diversi comportamenti protettivi che potrebbero essere stati assunti dai partecipanti, come distanziamento sociale, impiego di mascherine o di disinfettanti per le mani. Qualcuno ha fatto presente che dopo essersi ammalata di Covid-19 una persona potrebbe scegliere di tenere comportamenti più prudenti. Sono dunque due gruppi di persone che difficilmente possono essere confrontati.

Rispetto alla protezione generale che si acquisisce con i vaccini i dati dicono che su 16.215 persone vaccinate solo 238 si sono infettate, di queste solo 191 erano sintomatiche, solo per 8 è stato necessario il ricovero in ospedale e nessuna è morta. L’obiettivo principale dei vaccini è proprio quello di evitare ospedalizzazioni e conseguenze gravi o mortali della malattia. Lo studio non mette in discussione la validità dei vaccini in nessun modo, né nelle intenzioni dei ricercatori né nel disegno della ricerca: l’obiettivo era valutare l’immunità naturale e capire quale risposta si osserva nell’organismo di chi ha superato Covid-19. Studiare l’immunità naturale, infatti, aiuta a gestire le campagne vaccinali, a valutare la reale e potenziale circolazione del virus. A capire se e come questa immunità, quanto quella acquisita con i vaccini, possa essere presa in considerazione nella pianificazione delle campagne, nello stabilire le priorità nella distribuzione delle dosi. A capire se anche l’immunità naturale diminuisce nel tempo, rendendo necessaria eventualmente una ulteriore immunizzazione.

Cos’è l’immunità naturale da Covid-19?

Quando esposto a un virus, il sistema immunitario attiva le cellule predisposte alla difesa dell’organismo, in particolare un certo tipo di globuli bianchi chiamati linfociti T e B. Questi riconoscono l’agente patogeno, identificano le cellule attaccate da esso e le distruggono per limitare la diffusione dell’infezione. Non solo. I linfociti T e B conservano per un periodo di tempo variabile una memoria specifica dell’agente stesso in modo da poter organizzare e attivare una rapida risposta immunitaria in caso di un nuovo incontro.

È meglio contagiarsi naturalmente e non vaccinarsi?

Assolutamente no. Nessuno sostiene che sia preferibile infettarsi. L’immunità naturale arriva a un costo e a un rischio collettivo e personale molto alto. Sopravvivere a Covid-19 infatti può voler dire passare settimane in terapia intensiva, soffrire conseguenze e sintomi che si protraggono per settimane e mesi, e rischiare di sviluppare quella che oggi è conosciuta come sindrome da Long Covid. I vaccini invece proteggono dai sintomi gravi e dalle forme severe che costringono alle ospedalizzazioni oltre che dagli esiti più nefasti.

Se ho avuto Covid-19 non è utile vaccinarsi?

Se ho avuto Covid-19 non è utile vaccinarsi?»

No. Diverse evidenze mostrano che ad avere una protezione maggiore sono coloro che oltre ad aver superato la malattia si sono anche vaccinati. Quelli che possono contare, in termini tecnici, su una immunità ibrida: ovvero sia naturale sia indotta da vaccino. Il sistema immunitario di queste persone infatti sembra produrre anticorpi eccezionalmente potenti contro il coronavirus. Nel nostro Paese, come in altri quali per esempio Francia e Germania, si raccomanda una singola dose di vaccino anche a chi ha avuto Covid-19. Preferibilmente entro sei mesi dalla malattia, e comunque non oltre i dodici. Dopo un anno dalla guarigione occorre invece sottoporsi a un ciclo completo.

L’alto valore protettivo dell’immunità ibrida è confermato anche da una delle valutazioni dello studio dei ricercatori israeliani in cui gli studiosi hanno comparato i tassi di reinfezioni tra persone sopravvissute a Covid-19, ma non vaccinate, e persone sopravvissute e vaccinate con una dose del vaccino di Pfizer-BioNTech. Secondo i risultati, nel periodo preso in esame, nel primo gruppo ci sono stati 37 casi di nuova positività a un test molecolare per covid-19 e nel secondo 20 casi. I casi sintomatici sono stati 23 nel primo gruppo e 16 nel secondo ed è stata registrata una sola ospedalizzazione.

Risultati simili si trovano anche in diversi studi condotti da alcuni gruppi di ricerca della Rockefeller University e pubblicati su Nature e Immunity e in un recente rapporto dell’agenzia statunitense che si occupa di controllo e prevenzione delle malattie Centers for Disease Control and Prevention. Quest’ultimo ha mostrato che nel campione preso in considerazione le persone che si erano riprese da Covid-19 e sono state successivamente vaccinate avevano la metà del rischio di reinfezione rispetto alle persone non vaccinate che avevano precedentemente avuto la malattia».

 

 

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