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Recenti studi nazionali e internazionali hanno acceso i riflettori sul rapporto tra pandemia da Covid-19 e ictus cerebrale, una patologia che nel nostro Paese rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, colpendo quasi 150mila italiani all’anno. L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha determinato grandi difficoltà nella cura dei pazienti con […]
Recenti studi nazionali e internazionali hanno acceso i riflettori sul rapporto tra pandemia da Covid-19 e ictus cerebrale, una patologia che nel nostro Paese rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, colpendo quasi 150mila italiani all’anno.
L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha determinato grandi difficoltà nella cura dei pazienti con ictus acuto, oltre al fatto che molte persone, spaventate dal possibile rischio di contagio in Pronto Soccorso o nei Reparti, hanno proprio evitato di rivolgersi ai servizi di emergenza anche in presenza di chiari e riconoscibili sintomi di ictus.
Questo ha causato una minore ospedalizzazione (fino al 50% di ricoveri in meno) e un ritardo nella prognosi e nelle cure, con esiti più invalidanti della malattia vascolare cerebrale. La stessa infezione da SARS-CoV-2, determinando un aumento della coagulabilità del sangue, comporta un rischio di ictus ischemico, con una frequenza che raggiunge il numero di 8 pazienti su 100 affetti da Coronavirus. In particolare, gli ictus che avvengono nei soggetti colpiti da questa malattia infettiva sono di maggiore gravità rispetto a quelli dei soggetti non-Covid.
«La mancata segnalazione di ictus, il ritardo con cui si chiama il 112 e avviene il trasporto in ospedale, l’aumento della frequenza di ictus collegata all’infezione da Covid e la gravità degli ictus nelle persone positive a questa malattia virale, hanno comportato un risultato molto negativo in termini di esiti clinici – dichiara il Dottor Massimo Del Sette, Direttore S.C. Neurologia presso E.O. Ospedali Galliera di Genova -. È verosimile aspettarsi un aumento delle persone con disabilità post-ictus nei prossimi mesi».
«Obiettivo della nostra Federazione – dichiara Nicoletta Reale, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale) – è ribadire che le persone colpite da ictus continuano ad avere percorsi ad hoc. E’ necessario che, anche in questo periodo, non si verifichi un ulteriore calo degli accessi al Pronto Soccorso di chi manifesta sintomi che possono essere “campanelli d’allarme” riconducibili a questa patologia: le Unità Neurovascolari o Centri Ictus (Stroke Unit) sono riuscite fin dall’inizio a rispondere al meglio alla situazione di emergenza, garantendo percorsi diagnostici e terapeutici efficienti ed efficaci; hanno inoltre gestito i pazienti in totale sicurezza, istituendo corsie specifiche per il Covid e mantenendo un distanziamento sicuro durante tutto il percorso clinico assistenziale».
L’ictus è una patologia tempo-correlata: i risultati positivi che possono essere ottenuti dipendono, infatti, dalla tempestività con cui si interviene. È fondamentale riconoscere subito i sintomi e chiamare il 112 in modo da poter arrivare velocemente in ospedale e nel reparto idoneo ai trattamenti. Si può, così, ridurre il rischio di mortalità, ma soprattutto gli esiti di disabilità, spesso invalidanti, causati da questa malattia.
A.L.I.Ce. Italia Odv precisa quali sono i sintomi che vanno riconosciuti tempestivamente:
Le persone con patologie croniche, quali quelle con esiti di ictus, sono le più fragili e per questo devono prestare la massima attenzione per ridurre i rischi di contagio, senza abbandonare i percorsi di cura, tenendo sempre sotto controllo la malattia con l’aderenza alle terapie prescritte e rispettando tutte le regole e le raccomandazioni di prevenzione, tra cui l’adozione di stili di vita sani.
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