Salute, benessere e prevenzione
i consigli quotidiani per vivere meglio.
Piovella (SOI): “Il primo dei trattamenti si chiama BlephEx, una procedura indolore che rimuove i detriti del biofilm, esfoliando le palpebre. Il secondo si chiama LipiFlow e, attraverso un aumento della temperatura delle palpebre di 5,5 gradi, scioglie i detriti, eliminati ancora più in profondità dal terzo, l’iLux
Controllare e ridurre l’infiammazione alla base dell’occhio secco evaporativo è possibile. “Trattamenti di ultima generazione, tre in tutto – BlephEx, LipiFlow e iLux – sono in grado di eliminare il biofilm che, accumulandosi sulle nostre palpebre e alla base delle ciglia, dà origine a tutti quei sintomi, dal rossore alla sensazione di presenza di un corpo estraneo nell’occhio, tipici dell’occhio secco evaporativo”. A dare la buona notizia, è il presidente della Società Oftalmologica Italiana (SOI), Matteo Piovella.
L’occhio secco evaporativo è una patologia debilitante che colpisce il 70% della popolazione over 50. Aggiungere l’aggettivo ‘evaporativo’, non limitandosi a definirlo semplicemente ‘occhio secco’ è d’obbligo. “Questo perché – spiega il presidente della SOI – l’occhio secco non si caratterizza solo per lacrimazione insufficiente o assente. In non pochi casi le lacrime vengono regolarmente prodotte, ma evaporano, poiché a mancare o ad essere carente è la produzione di lipidi e proteine, lubrificanti naturali dei nostri occhi, prodotti dalle ghiandole di Meibomio. Senza la presenza di questa patina grassa, la lacrima, composta principalmente da un liquido acquoso, evapora con estrema facilità, lasciando l’occhio secco proprio a seguito di un processo ‘evaporativo’. “Evitare che, con il passare degli anni, si riduca o si azzeri la produzione di questi lipidi e proteine che lubrificano i nostri occhi è, dunque, il nodo cruciale della questione”, aggiunge Piovella.
Ma prima di arrivare alle soluzioni cerchiamo di comprenderne le cause. Le ghiandole di Meibomio si trovano sul bordo delle palpebre, sia superiori che inferiori, ed hanno la funzione di garantire l’equilibrio sebaceo del film lacrimale. I lipidi e le proteine che secernono vengono distesi sulla superficie più esterna del film lacrimale per proteggere l’occhio e sono, dunque, fondamentali per mantenere un’idratazione oculare. “La nostra cute, compresa quella che circonda i nostri occhi e le ciglia, sono colonizzare dai batteri fin dai primi mesi di vita, tra i più comuni ad esempio c’è lo stafilococco dell’epidermide. Questi batteri – evidenzia Piovella -, pur non rappresentando una minaccia per il nostro organismo, con il passare degli anni proliferano, colonizzandosi. Durante questo processo di proliferazione danno vita ad un biofilm che li nutre e li protegge. Inoltre, all’interno del biofilm si attivano anche dei protozoi, detti demodex, anch’essi pericolosi per la salute dei nostri occhi. Il biofilm così costituitosi si deposita tra le nostre ciglia e può ostruire, prima parzialmente, poi totalmente, le ghiandole di Meibomio che, in ultima istanza, possono atrofizzarsi ed essere riassorbite dall’organismo”.
Per evitare che ciò accada bisogna eliminare questo biofilm dagli occhi, proprio come eliminiamo il tartaro dalla bocca attraverso le sedute di igiene dentale, evitando così che un accumulo eccessivo possa infiammare le gengive e poi provocare la caduta dei denti. La connessione tra la presenza di biofilm e occhio secco evaporativo è stata accertata dalla scienza: alcuni studi condotti negli Stati Uniti hanno dimostrato la presenza di demodex nel 70% delle persone affette da questa patologia oculare. Ed è proprio oltreoceano che, un mese fa, è stato immesso sul mercato il primo farmaco, un collirio, in grado di ‘aggredire’ il biolfilm. “In Italia questa terapia non è ancora disponibile, ma i pazienti possono essere sottoposti a tre diversi trattamenti altrettanto efficaci, in grado di eliminare il biofilm dalle ciglia proprio come si rimuove il tartaro dalle gengive”, assicura il presidente della SOI.
“Il primo dei trattamenti si chiama BlephEx, una procedura indolore eseguita con un manipolo brevettato che permette di ruotare con precisione e attenzione una micro-spugna lungo il bordo delle palpebre e delle ciglia, rimuovendo i detriti del biofilm ed esfoliando le palpebre – spiega Piovella -. Il secondo trattamento si chiama LipiFlow e in soli 12 minuti permette, attraverso un aumento della temperatura delle palpebre di 5,5 gradi, di sciogliere i detriti che, divenuti solidi, ostruiscono le ghiandole di Meibomio. Una volta passati allo stato liquido possono essere espulsi attraverso uno specifico massaggio delle palpebre che li ‘spinge’ verso l’esterno attraverso i dotti escretori dell’occhio. Il Terzo trattamento è l’iLux ed è utilizzato per eliminare in profondità tutti i residui eventualmente ancora presenti nelle ghiandole di Meibomio, poiché anche detriti minuscoli potrebbero nuovamente riattivare il processo ostruttivo”. Se fino a poco tempo fa si riteneva che questi trattamenti dovessero essere ripetuti una tantum, oggi, nuove evidenze scientifiche hanno dimostrato che ripeterli una seconda volta, a distanza di 30-40 giorni l’uno dall’altro, può ottimizzare i risultati e renderli più duraturi nel tempo.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato