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I tumori neuroendocrini sono maligni, ma spesso hanno una prognosi più favorevole rispetto a tumori non neuroendocrini che colpiscono gli stessi organi
Con circa 2.700 nuove diagnosi ogni anno in Italia, meno di 6 nuovi casi/anno per 100.000 persone, i tumori neuroendocrini (NET) rappresentano un gruppo eterogeneo di neoplasie la cui bassa incidenza. Costituiscono meno dello 0,5% di tutti i tumori maligni e si accompagnano però ad un’alta prevalenza: i pazienti, infatti, sono pochi ma convivono per molti anni con la patologia. Sebbene si tratti di tumori maligni, in molti casi si ha una prognosi più favorevole rispetto a tumori non neuroendocrini che colpiscono gli stessi organi: questo consente a molti pazienti, anche con malattia avanzata, di poter convivere a lungo con la malattia.
It.a.net (Associazione Italiana per i Tumori Neuroendocrini), Società Scientifica attiva dal 2010 al cui interno afferiscono medici di diverse specializzazioni, in occasione della Giornata Mondiale dei Tumori Neuroendocrini del 10 novembre intende fare luce su questo tipo di tumori. I NET più frequenti riguardano:
Più frequenti tra gli adulti (40-45 anni) e tra gli anziani (70-75 anni), questi tumori sono più diffusi tra gli uomini rispetto alle donne. Non esistono strategie di prevenzione, considerando che non sono stati individuati fattori di rischio certi per queste patologie.
«Per diagnosticare e trattare in maniera adeguata un paziente con questo tipo di tumore è fondamentale un approccio multidisciplinare. Lo dichiara il Prof. Francesco Panzuto, Presidente It.a.net (Associazione Italiana per i Tumori Neuroendocrini) e Gastroenterologo dell’Università Sapienza, A.O.U. Sant’Andrea di Roma. Il percorso diagnostico-terapeutico del paziente con diagnosi di NET è spesso legato alla visione del medico che lo ha in cura o alla scelta consapevole del paziente e dei suoi familiari di chiedere pareri altrove. Considerate la rarità e l’eterogeneità clinica dei NET, l’esperienza, la competenza e la centralizzazione della casistica ricoprono un ruolo fondamentale. Per ottenere la migliore impostazione diagnostico/terapeutica del paziente, è necessario avere a disposizione un team di specialisti composto da oncologo, gastroenterologo, endocrinologo, patologo, medico nucleare, chirurgo, e radiologo che possa discutere simultaneamente il caso clinico sin dalla diagnosi».
Questi tumori si presentano ed evolvono in modo diverso: alcuni si manifestano con sintomi come diarrea o arrossamento del volto, altri possono rimanere a lungo completamente asintomatici per anni anche se determinano la comparsa di metastasi. In generale, i sintomi dipendono dall’organo coinvolto. Alcune forme, fortunatamente la maggior parte dei casi, evolvono lentamente, altre invece risultano più aggressive e causano una rapida proliferazione delle cellule.
Considerando che si tratta di patologie rare e che spesso i sintomi non sono chiari e, quindi, non facilmente identificabili, spesso passa molto tempo prima di riuscire ad individuare la malattia e soltanto il 40% dei pazienti riesce ad avere una diagnosi precoce, quando dunque il tumore è localizzato e più semplice da curare.
«Gli specialisti hanno a disposizione diverse possibilità, dalla chirurgia ai radiofarmaci mirati, dalla chemioterapia a farmaci a bersaglio molecolare e analoghi della somatostatina. Le opzioni sono molte e ovviamente deve essere valutato il singolo caso ma «ciò che è fondamentale – continua il Prof. Panzuto – è che il paziente venga seguito a 360° afferendo quanto prima ad un centro altamente specializzato per questo tipo di tumori, in cui essere seguito da specialisti diversi dedicati alla patologia per poter avere una personalizzazione delle migliori tecniche diagnostico-terapeutiche».
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