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Come si curano le vene varicose alle gambe? Quali problemi possono portare e quando sono pericolose? La parola all’esperto
Le vene varicose non sono solo un disturbo estetico, ma una patologia a carico del sistema circolatorio. Possono causare gonfiore delle gambe, pesantezza, dolore e, in alcuni casi, problematiche più serie. Ne abbiamo parlato con Rocco Giudice, Direttore dell’UOC di chirurgia vascolare dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma. L’unità operativa svolge una complessa e ampia attività che verte principalmente sulle malattie arteriose (aneurismi e dissezioni dell’aorta, stenosi delle carotidi, arteriopatie periferiche). Inoltre, c’è un’equipe dedicata che si occupa del trattamento delle varici degli arti inferiori.
«Le vene varicose o varici – spiega Rocco Giudice al nostro giornale – rappresentano una dilatazione delle vene superficiali degli arti inferiori dovuta al ristagno del sangue».
Per permettere al sangue di risalire verso il cuore ed evitare che lo stesso rifluisca verso il basso, le vene delle gambe devono essere elastiche e le valvole funzionare a dovere. In presenza di alterazioni della parete del vaso associate ad insufficienza delle valvole, si genera un ristagno di sangue nelle vene che determina, appunto, la loro dilatazione e la comparsa delle varici.
Come precisa il dottor Giudice, le cause delle varici sono molteplici. Ecco le principali:
È un disturbo che colpisce alcune donne in dolce attesa. Durante la gravidanza, infatti, il volume del sangue materno aumenta per supportare la crescita del feto e l’utero, soprattutto negli ultimi mesi di gestazione, esercita una compressione sulle vene della parte bassa dell’addome che genera il ristagno del sangue nelle gambe. Anche i cambiamenti ormonali possano avere un ruolo nella formazione delle varici, che di solito migliorano ad un anno dal parto.
«In genere le varici rappresentano prevalentemente un problema estetico – continua l’esperto -. Quando aumentano per numero e per dimensioni, possono comparire disturbi a carico degli arti inferiori. I più comuni sono:
«In tutti questi casi – prosegue il chirurgo – c’è un peggioramento della qualità di vita del paziente ed è importante rivolgersi ad uno specialista per valutare le possibili soluzioni del caso. Alla lunga – sottolinea – la presenza di varici può determinare complicanze di tipo flebitico (ossia la formazione di trombi all’interno della vena varicosa) o la comparsa di ulcerazioni cutanee localizzate a livello del malleolo interno della gamba».
«Per prima cosa – evidenzia Giudice – è bene farsi visitare da uno specialista competente del settore. Sarà lui a indirizzare il paziente verso il percorso terapeutico più adeguato. Inizialmente il trattamento potrà essere di tipo conservativo, con una rieducazione degli stili di vita e della postura». Gli accorgimenti da prendere sono:
«Quando l’approccio conservativo non ottiene gli effetti desiderati – sostiene Giudice – ossia il miglioramento della sintomatologia e la stabilizzazione della malattia, oppure in presenza di un problema estetico rilevante per la paziente, si valuta la possibilità di un trattamento di tipo chirurgico. L’intervento va accuratamente pianificato e deve essere preceduto da un esame ecocolordoppler venoso degli arti inferiori eseguito da un operatore esperto e competente. In base all’esito dell’esame si deciderà l’intervento più idoneo. Generalmente – spiega il chirurgo – si rende necessario rimuovere la vena grande safena e le varici ad essa correlate».
Esistono anche tecniche meno invasive che prevedono l’ablazione della safena con laser o radiofrequenza. «Sono tutte metodiche efficaci che trovano la loro corretta indicazione nel caso specifico. Sarà il chirurgo a valutare se indirizzare il paziente verso l’una o l’altra opzione terapeutica. È importante ricordare che gli interventi per le varici, sia quello classico che quello mininvasivo, sono ben tollerati e vengono eseguiti in regime di day surgery o ambulatoriale. Dopo l’operazione, il paziente dovrà portare un bendaggio per una settimana, che verrà rimosso e sostituito dalla calza elastica da indossare per ulteriori tre-quattro settimane. Dopodiché potrà considerarsi guarito» conclude Giudice.
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