Salute, benessere e prevenzione
i consigli quotidiani per vivere meglio.
I DCA riguardano soprattutto le ragazze adolescenti, ma non solo. Nell’ultimo anno, con la pandemia, le richieste di intervento sono aumentate del 40% e l’età dei pazienti è scesa. L’intervista a Imma Venturo, coach della consapevolezza alimentare e autrice del libro “Saziare la bulimia”
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) colpiscono circa 3,5 milioni di persone. Due milioni sono adolescenti. E non parliamo solo di anoressia e bulimia, ma anche di binge eating, il disturbo da alimentazione incontrollata che riguarda gli adulti, uomini e donne, tra i 35 e i 50 anni. I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono un problema di sanità pubblica. Sempre più diffusi, con un esordio sempre più precoce e dall’eziologia multifattoriale complessa.
La Giornata del Fiocchetto Lilla nasce per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sui disturbi del comportamento alimentare. È stata istituita il 15 marzo 2012 grazie all’impegno di Stefano Tavilla, un anno dopo la morte della figlia Giulia di soli 17 anni.
ll Ministero della Salute ha affidato al Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS la mappatura delle risorse per la presa in carico e il trattamento dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. La mappatura dei centri, in continua evoluzione, è fondamentale per fornire ai cittadini un’assistenza rapida funzionale. È per questo che l’ISS ha censito le strutture del SSN e poi ha iniziato a mappare anche i centri del privato accreditato. Ad oggi, sono 108 le strutture accreditate in tutt’Italia (101 per il SSN e 7 nel privato accreditato). Si tratta di 55 centri al Nord (di cui 19 solo in Emilia-Romagna), 18 al Centro Italia e 35 tra Sud e Isole.
Il censimento dell’ISS nei centri italiani consegna 9.000 utenti, il 90% sono donne. Il 58% dei pazienti ha tra i 13 e i 25 anni, il 7% meno di 12 anni. E un aumento vertiginoso dei casi nell’ultimo anno, con la pandemia. Le richieste di intervento sono aumentate del 40% e l’età dei pazienti è scesa. Un disagio probabilmente già esistente ed esploso durante l’emergenza sanitaria. Per questo, è sempre più urgente parlarne. E noi abbiamo scelto di farlo con Imma Venturo, autrice del libro “Saziare la bulimia”. Scrittrice e coach della consapevolezza alimentare, Imma trasmette la speranza e la fiducia di rinascere perché ci è passata, conosce quel mostro. Ha vissuto in prima persona l’incubo della bulimia per anni e ha vinto la sua battaglia.
«Io definisco il disturbo alimentare un parassita che ti ruba la vita – spiega nell’intervista a Sanità Informazione -. Può nascere dagli abusi, dalle difficoltà in famiglia, dalla perdita di controllo della propria vita. Per me i DCA sono legati ad un’estrema insicurezza ed una bassa autostima. È una fame d’amore che si cerca di compensare con il cibo». Abbuffate incontrollate, quindi, come premi consolatori e ricerca d’amore. Ma da dove nasce il malessere? «In famiglia, io non sono stata incoraggiata a sviluppare le mie potenzialità o ad inseguire i miei sogni». E pian piano, paure, giudizi, convinzioni distorte e delusioni spalancano la porta ai subdoli DCA che si insinuano silenziosamente nella sua mente e all’interno di ferite ancora aperte. Condizionando ogni aspetto della sua esistenza.
Imma ha iniziato con l’anoressia; poi, una fase di binge eating con abbuffate compulsive a cui seguivano i sensi di colpa. E per metterli a tacere, il vomito autoindotto, i lassativi, i digiuni. «Meccanismi di compensazione che provocano danni fisici e psicologici». È la bulimia, l’inizio di un lungo e malato rapporto con il cibo che si porta dietro per anni fino al ricovero in un centro specializzato, 22 anni fa. Nel corso di quell’anno, scrive un diario del suo percorso di cura: la aiuterà a uscire dal tunnel. Un valido strumento, così utile alla guarigione da diventare il libro autobiografico “Saziare la bulimia” edito da Youcanprint nel 2018. E con la guarigione, arriva la missione e scopo della sua vita. Aiutare, supportare e sostenere i malati di DCA.
Oggi Imma è un coach della consapevolezza alimentare. Ha seguito corsi, laboratori, seminari riguardanti la meditazione, lo stile di vita e la crescita personale. Propone percorsi completi in cui crede fermamente, perché li ha sperimentati sulla sua pelle. «Ho impiegato due anni per costruire i due percorsi che propongo: Saziare la Bulimia “light” e “PRO”. La mia missione è ricreare lo stesso approccio multidisciplinare di cui ho beneficiato in ospedale quando sono stata ricoverata un anno, dal 2001 al 2002, ben 22 anni fa». Nel percorso “light” lavora «sulle convinzioni limitanti che ci paralizzano e fanno sopravvivere, ma non vivere. È tutto ciò che una persona “crede” sia vero rispetto alla sua identità, alle sue capacità e possibilità: “Sono fatta così” o “sono troppo vecchia per”. Il percorso prevede l’inserimento in gruppi WhatsApp e dirette con esperti di varie branche. L’obiettivo è insegnare l’autostima, l’amor proprio, lavorare su perfezionismo e paragoni. E sull’immagine che si ha di noi stessi allo specchio, spesso distorta». Il percorso “PRO” è lo step successivo: «Si lavora su quattro aree: nutrizione, integrazione, allenamento fisico e lavoro interiore» precisa Imma.
I percorsi sono pensati per chi ha disturbi dell’alimentazione ma la vera sorpresa è che vengono frequentati anche da persone che «pongono l’attenzione solo sui loro difetti e non si amano. Le abbuffate – prosegue Imma – sono legate allo “squilibrio” che c’è tra sé stessi e il mondo esterno. Non si sente il proprio corpo, non ci si riconosce allo specchio, non ci si sente meritevoli. Io stessa mi sono sentita come un bruco degno solo di strisciare che però poi è riuscito a volare. Bisogna lavorare sulla consapevolezza, anche alimentare, avere la padronanza di sé e del mondo che ci circonda». Un percorso di ripresa personale, una strada verso la luce. Le moltissime ragazze che segue Imma imparano ad amarsi, si fidano e si affidano, per diventare “farfalle libere di volare”. Perché «non sei né la sola e né da sola» è il mantra da seguire.
«Dalle ricerche e dalla mia esperienza posso dire che ci si accorge di avere un disturbo alimentare quando è tardi. Spesso, anche familiari e amici non si rendono conto della gravità della situazione. La scoperta del vomito, nel mio percorso di malattia, è stata la mia prigione, l’inferno. Perché mi dava l’illusione di aver trovato la soluzione. E le persone incontro non si accorgevano di nulla. Ci sono state persone che quando è uscito il mio libro nel 2018 sono rimaste stupite. Questo accade perché rimani stabile, continui a fare la tua vita, continui ad essere perfezionista. Ma in realtà stai male». Quali sono i segnali da riconoscere per tempo, prima che sia tardi? «All’inizio io ho iniziato a togliere interi gruppi di alimenti, ridurre le uscite con gli amici. Pesarsi era un pensiero fisso. Si inizia a sminuzzare il cibo, a dividere il cibo in quattro quadranti nel piatto e a decidere di mangiarne solo uno. Si ha paura di non essere capiti e la famiglia spesso sottovaluta la situazione. La bulimia produce danni evidenti al corpo: le nocche delle mani arrossate, i linfonodi ingrossati. Il vomito può danneggiare i denti, porta disidratazione, pressione bassa, anemia. L’espulsione del cibo è un evento violento che può causare la rottura di vasi sanguigni negli occhi. Attenzione a tutto questo».
La strada giusta è agire su vari fronti, affidarsi ad un centro che offra un percorso terapeutico multisciplinare. «Sono convinta che il mio metodo possa essere inserito all’interno di un centro per disturbi alimentari dove ci sono professionisti. Psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, infermieri, dietisti, nutrizionisti e medici endocrinologi. Senza nessuna competizione ma con il massimo della collaborazione. Vorrei fare gli incontri dal vivo nei centri e nelle scuole, senza togliere nulla alla formazione accademica, scientifica e medica. Anzi, portando qualcosa in più che, forse, manca» conclude.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato