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La PCOS colpisce tra l’8% e il 20% delle donne ed è una delle cause più comuni di infertilità. Un tempestivo riconoscimento e una cura adeguata, insieme alla perdita di peso, possono ridurre il rischio di complicazioni a lungo termine, come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari
Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione nei confronti dell’alimentazione, specialmente riguardo all’uso dei nutraceutici. Questi sono attualmente considerati integratori alimentari, nonostante rappresentino una categoria a sé stante. Infatti, l’assenza di un determinato nutraceutico non causa una malattia, ma la sua integrazione nel contesto appropriato può apportare benefici al paziente. Il Ministero della Salute ha stabilito linee guida sugli Alimenti a Fini Medici Speciali (AFMS), che possono essere prescritti sotto il controllo medico.
L’interesse in questo campo ha portato alla realizzazione di numerosi trial clinici al fine di identificare i nutraceutici che possano davvero apportare benefici ai pazienti. Nel paziente oncologico, ad esempio, è essenziale conoscere il suo stato nutrizionale e le sue preferenze, oltre ovviamente la localizzazione della malattia. Nel paziente affetto da Covid-19, invece, molti nutraceutici e probiotici hanno dimostrato di migliorare la prognosi. Nelle donne affette da sindrome dell’ovaio policistico è importante considerare i molteplici aspetti di questa condizione, ad esempio quali nutraceutici sono utili nel contesto metabolico e/o iperandrogenico. Approfondiamo questo ultimo aspetto.
PCOS, cos’è e cosa comporta
La sindrome dell’ovaio policistico (chiamata anche PCOS, ovvero Poly-Cystic Ovary Syndrome), nota anche come policistosi ovarica o sindrome di Stein-Leventhal, è un disturbo ormonale comune nelle donne in età riproduttiva. Si caratterizza per l’alterazione del ciclo mestruale, una presenza eccessiva di ormoni maschili (iperandrogenismo) e l’assenza di ovulazione. La PCOS colpisce tra l’8% e il 20% delle donne ed è una delle cause più comuni di infertilità.
Le donne che presentano un rischio maggiore di sviluppare la PCOS sono quelle che hanno parenti di primo grado affette da questa patologia. La sindrome può essere associata a modificazioni del metabolismo. Un tempestivo riconoscimento e una cura adeguata, insieme alla perdita di peso, possono ridurre il rischio di complicazioni a lungo termine, come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari.
La diagnosi della PCOS può però presentare delle difficoltà, ma il medico, se sospetta la presenza di questa sindrome, ha la possibilità di prescrivere tutti gli esami specifici necessari per confermare la diagnosi e consigliare una terapia mirata, un adeguato stile di vita e la perdita di peso.
Come spiegato nel corso di formazione FAD “Rivoluzione nutraceutica: i benefici per il paziente fragile” (responsabile scientifico del corso è il dottor Renato Cozzi, presidente dell’Associazione Medici Endocrinologi), presente sulla piattaforma Consulcesi Club (6.3 crediti ECM), i nutraceutici agiscono sulla sensibilità insulinica, riducendo l’insulino-resistenza, associata a PCOS, determinando la prevenzione e/o la riduzione della gravità della malattia. Questi agiscono direttamente sulla funzionalità ovarica e sulla regolarizzazione del ciclo mestruale riducendo la gravità della malattia e sulle condizioni cliniche associate a PCOS, in particolare i disturbi a carico del fegato, come la NAFLD (non alcoholic fatty liver disease) e l’iperomocisteinemia. Di seguito tre nutraceutici utili in caso di PCOS.
Grazie a nove studi randomizzati controllati (a cui hanno preso parte 591 pazienti), portati avanti per valutare gli effetti degli acidi grassi Omega-3 sulla sindrome dell’ovaio policistico, sappiamo che gli Omega-3 sono utili per: ridurre l’HOMA index (un indice per la valutazione della insulino-resistenza), ridurre i livelli di colesterolo totale e trigliceridi, aumentare i livelli di adiponectina.
Alcune meta-analisi e review sistematiche suggeriscono che l’Acido Alfa Lipoico (una molecola simile alle vitamine) possa essere in grado di ridurre le concentrazioni di leptina sierica soprattutto nei giovani adulti; ciò potrebbe essere alla base del riscontrato calo ponderale nei pazienti obesi che l’assumono e suggerisce l’utilizzo dello stesso nella gestione delle complicanze correlate alla PCOS, quali l’aumento del peso corporeo e l’infiammazione.
Le due fasi principali del trattamento della PCOS con Berberina (BBR), ovvero un alcaloide vegetale, sono le seguenti: inibire il legame dell’androgeno al recettore degli androgeni (AR); promuovere il legame dell’insulina al recettore dell’insulina. Inoltre, l’effetto del BBR sul metabolismo lipidico rappresenta un collegamento intermedio che alla fine influisce sul legame tra l’insulina e il suo recettore. Infine, una maggiore sensibilità all’insulina può anche inibire il legame dell’androgeno al recettore degli androgeni.
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