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Le demenze non sono esclusive della terza età: possono avviarsi già intorno ai 30 anni. Dall’Olanda i quattro fattori di rischio ad insorgenza precoce
Non solo anziani: le demenze colpiscono anche gli under 65 in maniera crescente. Il declino cognitivo, infatti, può avviarsi già intorno ai 30 anni e senza segnali apparenti. Tuttavia, così come rivelato da un nuovo studio pubblicato su ‘Jama Neurology’, la demenza ad esordio giovanile è associata a quattro specifici fattori di rischio che, se individuati immediatamente, potrebbero permettere di compiere azioni preventive. La ricerca, guidata da Stevie Hendriks della Maastricht University in Olanda, ha analizzato i dati relativi a più di 360mila individui della UK Biobank, seguiti per 8 anni.
Durante il trial i casi di demenza ad esordio precoce sono risultati circa 17 all’anno ogni 100mila persone. La maggioranza dei ‘giovani’ colpiti aveva tra i 40 ed i 50 anni. Ma i quattro fattori di rischio, potenzialmente modificabili, specificamente associati all’insorgere della demenza prima dei 65 anni, sono risultati essere: bassi livelli di vitamina D, ipotensione ortostatica (ossia l’ abbassamento forte e rapido della pressione sanguigna nell’alzarsi e cambiare posizione), un aumento della proteina C reattiva nel sangue che indica infiammazione, vivere isolati socialmente. “In particolare abbiamo osservato che livelli inferiori alla norma di vitamina D – che ha un effetto neuro-protettivo e al contrario alti di proteina C reattiva, sembrano predire le probabilità di demenza giovanile”, dicono i ricercatori. Gli studiosi auspicano che quando i dati verranno validati da esperti esterni, questi ed altri fattori di rischio potranno essere incorporati in una strategia preventiva delle demenze.
Vivere con un animale domestico rallenta il declino cognitivo negli adulti con più di 50 anni che vivono soli. L’influenza positiva sulla memoria dei ‘pets’, infatti, è molto simile al convivere con un partner o altre persone. A dimostrarlo, un vasto studio britannico, pubblicato su ‘Jama Neurology’, che fa parte della ricerca longitudinale sull’invecchiamento. I ricercatori hanno osservato che nei volontari esaminati, circa 8 mila persone dai 50 anni in su, non c’era alcuna differenza nella velocità di diminuzione delle facoltà mentali, in particolare quelle verbali, tra chi condivideva la propria esistenza con un cagnolino o un gattino e chi conviveva con altre persone. Al contrario, l’isolamento sociale e proprio il vivere in casa da soli sono considerati fattori che aumentano le probabilità di andare incontro alla demenza. Gli studiosi, dunque, hanno concluso che “avere un animaletto domestico contrasta la velocità del declino nella memoria verbale e nella fluenza di linguaggio nelle persone che vivono sole”.
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