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Il Piano nazionale prevenzione vaccinale (PNPV) 2023-2025 è stato approvato lo scorso mese di agosto. Le novità, Alfaro: “Il vaccino contro il meningococco B viene raccomandato dal 2° al 5° mese di vita, anziché dal 5° al 7°”
Conservare lo stato ‘polio free’, raggiungere e mantenere l’eliminazione di morbillo e rosolia, rafforzare la prevenzione del cancro della cervice uterina e delle altre malattie HPV correlate: sono questi i primi tre obiettivi del Piano nazionale prevenzione vaccinale (PNPV) 2023-2025, approvato lo scorso mese di agosto. Tra le sue principali novità c’è la predisposizione del Calendario vaccinale come documento distinto, così da poter essere facilmente aggiornato in base ai futuri scenari epidemiologici, alle evidenze scientifiche e alle innovazioni in campo biomedico, come l’introduzione di nuovi prodotti vaccinali.
Ecco alcuni dei cambiamenti introdotti con l’aggiornamento del calendario vaccinale. “Il vaccino contro il meningococco B viene raccomandato dal 2° al 5° mese di vita, anziché dal 5° al 7° – spiega Carlo Alfaro, pediatra e membro della Sima, la Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza, in un’intervista a Sanità Informazione – . Per il resto delle vaccinazioni, il Calendario resa quello che conosciamo. Nel primo anno di vita, a partire dal 3° mese (61° giorno di vita) si effettuano: il vaccino esavalente (difterite, tetano, pertosse, poliomielite, Haemophilus influenzae di tipo B, epatite B) in 3 dosi, il vaccino anti pneumococco coniugato (3 dosi), le 3 dosi di Rotavirus, le prime due dosi di anti meningococco B. ”.
“Nel secondo anno si completa la terza dose del vaccino anti meningococco B, e si effettuano: anti morbillo-parotite-rosolia e anti-varicella, anti-meningococco tetravalente (A, C, Y, W135)”, aggiunge lo specialista. Dai 5 anni comincia, poi, un nuovo ciclo di vaccini: “Si richiamano le vaccinazioni esavalente e morbillo-rosolia-parotite e varicella. Anche se, in realtà – sottolinea il pediatra – la vaccinazione contro morbillo-rosolia-parotite e varicella non è un richiamo ma piuttosto una rivaccinazione, che ha lo scopo di ottenere la risposta primaria nel circa 5% dei bambini che non avevano risposto alla prima immunizzazione”
“In adolescenza si richiama l’immunizzazione contro difterite, tetano, pertosse e poliomielite usando vaccini combinati con dosaggi antigenici previsti per l’adulto, si recupera l’anti-meningococcica B se non già effettuata, si effettua l’anti HPV (papillomavirus) a entrambi i sessi (2 dosi a 0 e 6 mesi fino a 14 anni, 3 dosi a 0, 1-2 e 6 mesi oltre i 14 anni), si recuperano anti morbillo, rosolia, parotite, varicella e anti meningococco quadrivalente ACYW, se non già completati – spiega Alfaro -. In età adulta è opportuna la somministrazione periodica (ogni 10 anni) della vaccinazione difterite-tetano-pertosse con dosaggio per adulto. Le donne in età fertile devono effettuare il vaccino HPV se non l’hanno già fatto e devono assolutamente essere protette nei confronti di morbillo-parotite-rosolia e varicella. In gravidanza sono importanti vaccini contro influenza, Covid, pertosse. Nell’anziano fondamentali l’anti pneumococco coniugato e contro l’herpes zoster, oltre all’anti-influenzale e al booster anti-Covid”.
Secondo l’Oms i vaccini prevengono più di 2,5 milioni di morti ogni anno: se venissero utilizzate tutte le vaccinazioni oggi disponibili si potrebbe salvare un altro milione e mezzo di vite. Solo per fare un esempio, prima dell’introduzione del vaccino contro il morbillo, questa malattia causava circa 2,6 milioni di decessi l’anno. Tuttavia, per poter esprimere la loro massima efficacia nella popolazione, la maggior parte dei vaccini deve raggiungere un’adeguata copertura vaccinale. “Per copertura vaccinale si intende la proporzione di soggetti vaccinati sul totale dei soggetti candidati alla vaccinazione”, dice il membro della Sima.
Una copertura attorno al 90-95% è considerata la soglia di sicurezza per creare l’immunità di gregge (immunità di comunità o herd immunity), che consiste nella riduzione del numero di individui suscettibili nella comunità, per bloccare la trasmissione e circolazione dell’agente patogeno. “In questo modo si proteggere anche chi non è vaccinato, come i bambini piccoli che non sono ancora coperti dal ciclo vaccinale o chi e affetto da particolari patologie e non può vaccinarsi o chi ha perso l’immunità (anziani, immunodepressi) o i no vax per scelta e le persone provenienti da Paesi dove le vaccinazioni non sono accessibili a tutti. Fin quando una malattia infettiva non è completamente eradicata, è fondamentale continuare a mantenere elevate coperture vaccinali nella popolazione, altrimenti – conclude Alfaro – sussisterà sempre il rischio di reintroduzione dell’agente patogeno e di una ripresa della trasmissione”.
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