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In un’intervista a Sanità Informazione, Andrea Ghiselli, presidente Società Italiana Scienze dell’Alimentazione, spiega cos’è il microbiota intestinale e le possibili conseguenze della sua alterazione sulla nostra salute: «Siamo solo ai primi anni ricerca, c’è ancora tanta strada da fare»
Intestino e cervello sono collegati? C’è chi sostiene di sì. Era il 1998 quando il dottor Micheal D. Gershon della Columbia University ha elaborato la teoria dei due cervelli, secondo la quale ad affiancare quello che tutti conosciamo ci sarebbe l’intestino, denominato appunto secondo cervello. Al suo interno, infatti, sono presenti oltre cento milioni di neuroni, capaci di incidere su stress, stati di tensione e di ansia.
Più di recente, poi, all’intestino, ed in particolare all’alterazione del suo microbiota, è stata associata la possibile insorgenza di alcune patologie. «Per microbiota intestinale s’intende l’insieme di quei microrganismi residenti nell’intestino spesso denominati anche “flora intestinale”. Più in generale, infatti, con la parola microbiota viene indicata una particolare popolazione di microrganismi che si trovano in uno specifico ambiente, come appunto quello intestinale», spiega Andrea Ghiselli, presidente Società Italiana Scienze dell’Alimentazione.
«Che l’alterazione del microbiota intestinale possa essere la causa di alcune malattie non è, ad oggi, dimostrato con certezza. Tale alterazione può essere considerata come una sorta di epifenomeno di alcune malattie dell’occhio. Tra le più debilitanti possiamo citare la retinopatia, compresa quella diabetica, la degenerazione maculare e alcune infezioni oculari, come l’uveite o il glaucoma – aggiunge Ghiselli -.Tuttavia, pur non sapendo quale sia la connessione causale tra l’alterazione del microbiota intestinale e l’insorgenza di queste patologie dell’occhio, possiamo affermare che una terapia con probiotici o il trapianto fecale, che riequilibrano il microbiota intestinale, sono in grado di migliorare pure la severità di queste patologie oculari».
Anche l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale: «Il cibo può essere un ottimo coadiuvante, in grado di rinforzare i batteri intestinali cosiddetti “buoni”. Questi possono essere nutriti attraverso l’assunzione di fibra, di cui sono ricchi la frutta, la verdura, i cerali integrali e i legumi. Di conseguenza, la dieta ideale per un microbiota intestinale in salute è quella che attinge la maggior parte delle sue energie dai prodotti di origine vegetale. Questo non vuol dire dover diventare vegani, perché ci sono alcuni prodotti di origine animale che sono altrettanto fondamentali per la salute generale del nostro organismo. Significa imparare a prediligere i prodotti di origine vegetale, attingendo da questi circa l’80-90% delle calorie totali giornalieri. Attenendosi a queste percentuali – assicura il presidente Società Italiana Scienze dell’Alimentazione – la nostra dieta sarà perfetta».
Ma attenzione: ad un microbiota intestinale alterato non corrisponderanno necessariamente malesseri, più o meno intensi, a livello gastrointestinale. «Non è detto che ad un’alterazione del microbiota dell’intestino corrispondano sintomi specifici o che si accendano particolari campanelli di allarme. Potremmo avere un’alterazione del microbiota intestinale e non rendercene mai conto, così come potremmo accusare dei disturbi intestinali e avere un microbiota perfettamente in salute. Anche se, ad oggi, è difficile poter definire con certezza quando un microbiota sia sano, non esiste, infatti, un concetto scientificamente attendibile di eubiosi. Siamo ancora ai primi anni di ricerca ed è molto probabile che ce ne vorranno ancora degli altri – conclude Ghiselli – prima di poter avere delle risposte certe e condivise dal mondo scientifico».
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