Salute, benessere e prevenzione
i consigli quotidiani per vivere meglio.
La comfort zone ci protegge dai possibili pericoli del mondo esterno. La psicologa ci spiega come accogliere il cambiamento e uscire dal nido sicuro
Zona di conforto, o comfort zone per gli amanti della terminologia anglosassone. Ma di cosa si tratta? «È una sorta di zona franca – spiega Stefania Tempesta, psicologa Odp Lazio al nostro giornale – un luogo sicuro. Delimitato da comportamenti, abitudini, schemi di pensiero, consuetudini che si ripetono nella nostra vita e ne scandiscono la regolarità. Definisce il nostro agire quotidiano in base a routine prestabilite che ci risparmiano impegno e fatica. Si può vivere nei modi e nei tempi che già si conoscono, che sono già collaudati e in base ai quali il nostro funzionamento è garantito».
Affrontare situazioni nuove crea timori. Come sostiene il vecchio proverbio «Chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia non sa quel che trova». Ma la comfort zone è davvero così sicura? «È opportuno chiedersi se l’ambito confortevole a cui siamo tanto affezionati ci consente davvero di vivere al riparo da ansia, stress e pressione. Spesso si è portati a reiterare con ferrea disciplina abitudini che apparentemente mantengono ordine nella nostra vita – avverte la psicologa -. C’è chi ha la necessità di tirare i mobili a lucido ogni giorno; molti affrontano quotidiane ed estenuanti discussioni con i figli per indurli a tenere in ordine i loro spazi (si ottengono risultati?); si consumano i pasti in fretta e furia, magari in piedi, o al pc; si può uscire a prendere una boccata d’aria solo se si sono terminate le faccende in casa».
«Ci sono poi le convinzioni su noi stessi – aggiunge la dottoressa Tempesta – che delineano con rigore ciò che possiamo o non possiamo essere. Nutriamo la certezza che siamo gli unici in grado di eseguire alcuni compiti (inammissibile delegare). O che non siamo in grado di apprendere una nuova lingua oppure che non abbiamo tempo per leggere un libro o fare attività fisica. E ancora che non saremmo in grado di scrivere una poesia o dedicarci alla meditazione, che cantare o ballare è per noi davvero impossibile».
Regole, principi, direttive autoimposte definiscono così la comfort zone in cui tutto è già prestabilito. Superare la paura di cambiare, però, significa diventare più forti e sicuri di sé. «Purtroppo, entro i confini del nostro contesto abitudinario – prosegue la Tempesta – sebbene non ne siamo consapevoli, risuona spesso il senso di frustrazione. L’inclinazione ad appoggiarci a ciò che abbiamo imparato e che ci è noto ci induce ad abbracciare un falso senso di sicurezza – spiega –. Nasconde, però, la rinuncia ad andare incontro a nuove esperienze, l’opportunità di riadattare i rapporti con le persone che frequentiamo. La possibilità di definire i termini di un cambiamento che sarebbe invece fonte di innovazione profonda e benefica».
Spesso, resistiamo nella nostra zona di conforto pur avvertendola come un impedimento. Quali sono le motivazioni? La psicologa ne individua tre:
«Lo strumento che rappresenta la chiave del cambiamento è la consapevolezza – precisa la Tempesta -. Lasciar emergere le proprie emozioni rispetto a tutto ciò che caratterizza la nostra vita è necessario. Così come aprirci alla comprensione di ciò che vorremmo lasciarci alle spalle e affermare con chiarezza quali sono le nostre reali necessità e bisogni.
I consigli della psicologa per accogliere il cambiamento:
Il cambiamento, secondo la dottoressa, è auspicabile. «Suggerisco di proporsi dei piccoli passi, fissare cioè mete intermedie che siano raggiungibili. Individuare obiettivi difficilmente realizzabili, almeno nell’immediato, non è utile e può indurre a tornare indietro. Non scoraggiarsi se i nostri tentativi non andranno subito a segno – conclude la psicologa -. Godersi il viaggio del cambiamento comporta divertimento e curiosità per ciò che non si conosce e che sembrerà sempre più interessante».
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