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Cos’è la malattia di Graves? «La malattia di Graves è la più comune forma di ipertiroidismo. La funzione tiroidea in eccesso può dipendere da cause diverse, ma la più diffusa è questa condizione di tipo autoimmunitario in cui degli anticorpi che stimolano la tiroide, anticorpi anti recettori del Tsh, determinano un gozzo tossico diffuso iperfunzionante». […]
«La malattia di Graves è la più comune forma di ipertiroidismo. La funzione tiroidea in eccesso può dipendere da cause diverse, ma la più diffusa è questa condizione di tipo autoimmunitario in cui degli anticorpi che stimolano la tiroide, anticorpi anti recettori del Tsh, determinano un gozzo tossico diffuso iperfunzionante». È così che Salvatore Maria Corsello, endocrinologo dell’università Cattolica di Roma, descrive il morbo di Graves.
I suoi sintomi sono quelli classici dell’ipertiroidismo: «Palpitazioni, tremori, nervosismo, riduzione del peso, aumentata produzione di calore, sudorazione. Ma rispetto alle altre forme di ipertiroidismo – ha aggiunto l’endocrinologo – la malattia di Graves presenta sintomi e segni legati all’autoimmunità. In particolare, può manifestarsi, in una discreta quota di pazienti affetti da questa malattia, una protrusione del globo oculare detta oftalmopatia di Graves».
Una volta confermato il quadro clinico si procede con la diagnosi: «Il paziente – ha specificato Salvatore Maria Corsello – viene sottoposto ad una serie di indagini di laboratorio: il Tsh risulterà bloccato, l’Ft4 elevato e il dosaggio degli anticorpi antirecettori del Tsh confermerà l’eziologia. Poi, si procederà con un ecocolordoppler della tiroide».
Diagnosticata la patologia si procederà con la scelta della terapia più adeguata: «Per la malattia di Graves – ha commentato l’endocrinologo – sono essenzialmente tre: la terapia medica con le tionamidi, in particolare metimazolo, la terapia chirurgia di esportazione della tiroide e la terapia radiometabolica. In linea di massima, il primo approccio è sempre medico: si tenta con questa terapia di riagganciare la tiroide ad una situazione di normalità. Si riesce, purtroppo, nel 30-40% dei casi. Quando la tiroide non rientra in un quadro di remissione prolungata e definitiva sarà il clinico a decidere quali delle due opzioni ablative scegliere se la chirurgia o la terapia con radioiodio. Per ambedue le opzioni – ha concluso Salvatore Maria Corsello – esistono indicazioni e controindicazioni».