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Difficoltà ad addormentarsi o risvegli continui. Che le ore di sonno siano troppo poche o troppo frammentate, il risultato non cambia: di notte si riposa male e di giorno ci si sente affaticati. Secondo le più recenti stime sarebbero circa 9 milioni gli italiani che soffrono di insonnia cronica. Ma diagnosticare e curare i disturbi del […]
Difficoltà ad addormentarsi o risvegli continui. Che le ore di sonno siano troppo poche o troppo frammentate, il risultato non cambia: di notte si riposa male e di giorno ci si sente affaticati. Secondo le più recenti stime sarebbero circa 9 milioni gli italiani che soffrono di insonnia cronica. Ma diagnosticare e curare i disturbi del sonno è possibile. È Loreta Di Michele, pneumologa, specialista dei disturbi del sonno, a spiegare quali esami eseguire per ottenere una diagnosi corretta.
Dottoressa De Michele, quali sono gli accertamenti a cui dovrebbe sottoporsi chi soffre di disturbi del sonno?
«L’esame strumentale più completo attualmente disponibile è la Polisonnografia che, come si deduce dal termine stesso, è un accertamento diagnostico utilizzato per studiare il sonno, individuandone le varie fasi e i vari cicli. Non è né invasivo, né doloroso: il medico posiziona degli elettrodi celebrali sulla testa del paziente che gli permettono di individuare ed analizzare le diverse onde del sonno, sia di quello Rem (Rapid Eye Movement), che di quello non Rem».
La polisonnografia è l’unico esame a cui è possibile sottoporsi per accertare disturbi del sonno?
«No. Esiste anche la poligrafia, che consiste nella valutazione dei diversi parametri cardiorespiratori durante il sonno. Un esame di livello inferiore, utilizzato per quei pazienti il cui quadro clinico non indica la necessità di un controllo a livello cerebrale. Una persona che accusa sonnolenza diurna, che di notte va spesso in bagno o che si sveglia con la bocca asciutta, che russa in modo così rumoroso da svegliare il partner di letto, può tranquillamente ricevere una giusta diagnosi sottoponendosi ad una poligrafia. Mi riferisco soprattutto a quei casi in cui si sospetta una Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno (Osas)».
Dalla diagnosi passiamo alla terapia. Quali sono le ultime frontiere di cura?
«Ormai si parla sempre più spesso di medicina di precisione. Ma la Cpap (continuous positive airway pressure, che consiste in una pressione continua e positiva delle vie aeree), così come gli interventi chirurgici, o il trattamento dell’obesità dove c’è un eccesso di peso, restano sicuramente delle soluzioni che, seppur tradizionali, conservano la loro validità ed efficacia nel tempo. Le tecniche di diagnosi più innovative oggi possono contare sul supporto della fenotipizzazione del soggetto. Individuare quali tratti fisio-patologici distinguano un determinato paziente dalla massa, consente di adottare una terapia più mirata ed efficace. Facciamo un esempio: alcuni pazienti, pur avendo una sintomatologia caratterizzata da un’evidente sonnolenza diurna, proprio perché presentano delle caratteristiche neuro-fisio-patologiche particolari potrebbero, e lo dimostrano diverse evidenze scientifiche, trovare giovamento con l’uso di alcuni ipnotici».
Quanto c’è da attendere affinché questi studi si trasformino in una realtà concreta?
«I laboratori del sonno presenti sul territorio nazionale sono ancora troppo pochi e studiare queste procedure è ancora molto costoso. Ma sono certa che divulgando l’importanza di queste nuove tecniche i primi risultati non tarderanno ad arrivare».