Lavoro e Professioni 6 Dicembre 2018 13:10

Formazione, utile non solo al medico ma anche al paziente. De Santis (ISS): «Solo con conoscenza possibile un confronto proficuo»

«Soprattutto nelle malattie rare il contributo del paziente è fondamentale. La sua esperienza, fatta forte dalla giusta preparazione, dà al professionista una chiave di lettura nuova e importante», così Marta De Santis, del Centro Nazionale delle Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità

Si parte dalla conoscenza per la gestione di qualsiasi patologia. Lo sanno bene i pazienti affetti da malattie rare, patologie poco conosciute che, secondo la soglia stabilita dalla UE, riguardano lo 0,05% della popolazione, ossia 5 casi su 10.000 persone. «La voce del paziente conta, soprattutto in malattie di così rara prevalenza, ecco perché se il paziente è formato, o comunque bene informato, la scelta di un percorso terapeutico è un po’ più semplice per il medico». Lo sostiene Marta De Santis, del Centro Nazionale delle Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità, intervistata nel corso della presentazione del 1° corso EUPATI in lingua italiana per ‘pazienti esperti’ coordinato dall’Accademia dei pazienti.

Qual è il valore aggiunto di un paziente formato e preparato? Che dinamica si innesca nel rapporto con il medico?

«Nel caso delle malattie rare – mio campo specifico – che sono ancora poco conosciute, il paziente può dare delle informazioni in più che – può accadere talvolta – sfuggono al professionista. Infatti, può succedere che il medico, soprattutto nel caso del medico di famiglia, non avendo mai affrontato determinate patologie nel corso della propria esperienza, si trovi in difficoltà. Ecco il paziente, soprattutto se è esperto, può dare una chiave di lettura importante e delle indicazioni utili».

Dunque la consapevolezza da parte del paziente può aiutare anche l’operatore sanitario?

«Questo nelle malattie rare è sicuro: il paziente ha un ruolo anche più importante rispetto ad altri tipi di patologie proprio perché spesso il comportamento, l’evoluzione della malattia, può essere differente da paziente a paziente, e la voce dell’interessato è fondamentale. Per questo motivo è necessario che sia informato e/o formato, per una migliore comprensione e comunicazione fra tutte le parti coinvolte. Conta molto la capacità di espressione del paziente come conta la disponibilità all’ascolto del medico. Chiaramente il ‘paziente esperto’ è una voce che può e deve rappresentare anche tutte le altre, e da questo prende forma una specie di piramide: in cima il paziente esperto che andrà nei tavoli tecnici a presentare le istanze e i bisogni anche di altri pazienti, discutendo alla pari con tutti gli altri stakeholder , alla base il paziente correttamente informato che, a sua volta, può sfruttare le proprie conoscenze rendendole disponibili a tutti gli altri interlocutori».

Il ‘paziente esperto’ può essere anche un mezzo per arginare il fenomeno della disinformazione che sappiamo essere una piaga del sistema sanitario?

«Sicuramente sì, perché la disinformazione nasce da tutti noi. Se siamo male informati sicuramente questo va a danno di chi parla e si confronta con noi; questo è il meccanismo che spesso si verifica sul web, dove si stanno ormai propagando forum e community di pazienti che, molte volte, diffondono (e a volte creano) notizie imprecise e/o sbagliate. Ecco, in questo quadro il ‘paziente esperto’ può guidare la conversazione in quelli che sono momenti tra pari, orientando gli altri verso fonti attendibili e accreditate, rendendo la vita difficile alle così dette ‘fake news’. Sebbene infatti sia molto importante il dialogo con istituzioni e professionisti della salute, c’è da dire che, a volte, sono anche più efficaci confronti peer to peer  senza ‘timori riverenziali’.  Fra l’altro, questo è quel che accade nel quotidiano a noi tutti, una persona bene informata fornisce a parenti e amici informazioni corrette».

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