«La legge 3 del 2018 prevede che i Codici siano elemento imprescindibile per valutare di volta in volta cosa sia accaduto in un caso concreto laddove sia dedotta la pretesa responsabilità per un sinistro», sottolinea il referente in materia del CONAPS, Coordinamento nazionale delle professioni sanitarie
Responsabilità professionale, formazione continua, codici deontologici. Sembrano tre argomenti distinti ma in realtà sono estremamente interconnessi tra loro. Ciò vale anche per il mondo delle diciannove professioni sanitarie che hanno celebrato da poco il primo Congresso nazionale a Rimini. Anche per loro vale l’obbligo di formazione continua e anche per loro le disposizioni stabilite nei vari codici deontologici possono avere una importanza cruciale in caso di contenzioso con il paziente. A confermarlo l’avvocato Marco Croce, referente del CONAPS, Coordinamento nazionale delle professioni sanitarie, già protagonista di un vittorioso ricorso al Tar che ha stabilito il diritto all’equivalenza dei titoli per gli educatori professionali. Croce, che abbiamo incontrato a margine del Congresso UNID, Unione igienisti dentali, ricorda l’importanza della formazione continua ECM anche nel caso in cui il professionista sia chiamato a rispondere per responsabilità professionale: «Laddove questo professionista possa comprovare di disporre di un dossier formativo idoneo, integro, spendibile, in quel caso sarà più forte nel tutelarsi al cospetto di una incolpazione e potrà anche essere sicuro di avere una copertura assicurativa» sottolinea Croce a Sanità Informazione.
Avvocato, c’è un passaggio della legge Lorenzin secondo cui il Codice deontologico ha un valore normativo, è importante anche in termini di responsabilità professionale. È così?
«Sì perché è il coronamento di un percorso che attraverso questa previsione della legge 3 del 2018 si cristallizza a tutela dei cittadini e a chiarificazione dei ruoli e delle responsabilità di ciascuna figura di operatore della salute. Oggi il codice deontologico, che deve essere tuttavia approvato dagli organismi della Federazione delle professioni sanitarie, una volta effettuato questo passaggio istituzionale, viene a concorrere a formare le vere e proprie fonti normative e quindi si tratta di un elemento imprescindibile per valutare di volta in volta cosa sia accaduto in un caso concreto laddove sia dedotta la pretesa responsabilità per un sinistro da parte di una persona assistita che appunto agisca a tutela dei suoi diritti».
I codici esistono già o sono ancora da redigere?
«Le 19 professioni riunite oggi nella federazione TSRM e PSTRP hanno uno storico codice deontologico ma per quanto riguarda le professioni oggi confluite in questo maxi Ordine occorrerà che a livello di Commissione nazionale di ciascuna professione e poi di Consiglio direttivo della Federazione questi documenti siano ufficializzati, approvati, condivisi con le istituzioni in particolare con il Ministero della Salute e divengano veri e propri documenti depositati, noti e conoscibili a tutti i cittadini e certamente a tutti i professionisti appartenenti a un determinato profilo professionale».
La legge Gelli ha rivoluzionato questo settore, e naturalmente anche per i professionisti sanitari valgono le stesse regole. La formazione continua può essere una discriminante nella valutazione in caso di giudizio?
«Può essere una discriminante la formazione documentata attraverso un percorso che integri il dossier formativo, che dimostri l’effettiva frequenza, lo sviluppo di una formazione adeguata al profilo. Attenzione, non è formazione quella che consiste soltanto nell’effettuare corsi sulla comunicazione o sulle lingue straniere o su concetti generali. Occorre dimostrare di aver costruito nella propria vita di professionista sanitario un percorso congruo, idoneo, conforme al proprio identikit professionale. Dove il professionista coinvolto in una causa possa dimostrare di aver svolto il proprio percorso in conformità ai crediti ECM come regolamentati per ciascun triennio, magari potendo anche dimostrare di aver fruito di esenzioni, o di esoneri, di aver effettuato percorsi di autoformazione o formazione all’estero. Laddove questo professionista possa comprovare di disporre di un dossier formativo idoneo, integro, spendibile, in quel caso sarà più forte nel tutelarsi al cospetto di una incolpazione e potrà anche essere sicuro di avere una copertura assicurativa in quanto sappiamo che nel dibattito attuale di redazione dei contratti assicurativi si sta anche discutendo se prevedere finanche una assenza di copertura per quel professionista che non sia munito dei sufficienti crediti formativi nei periodi previsti».