Ronchetti (Fioto): «Revisionare i Lea: hanno standardizzato la disabilità e l’assistenza protesica dequalificando il professionista di riferimento, il tecnico ortopedico. Ogni disabile ha bisogno di una risposta funzionale specifica per la sua patologia»
All’Associazione nazionale tecnici ortopedici italiani i conti non tornano: dalle prestazioni erogate sul territorio risulterebbe un esercito di professionisti doppio rispetto a quello realmente stimato. «Stando ai dati Istat sulle maggiori patologie che necessitano dell’intervento di un tecnico ortopedico, i professionisti operanti in Italia dovrebbero essere circa 6mila e, invece, attraverso le più recenti stime, se ne contano al massimo meno della metà». A denunciare un’evidente situazione di abusivismo professionale è Silvia Guidi, presidente nazionale dell’Associazione Antoi.
Una condizione che, fortunatamente, dovrebbe trovare presto un’inversione di tendenza grazie all’istituzione del nuovo albo, a cui – secondo quanto previsto dalla legge Lorenzin – tutti i professionisti sono obbligati ad iscriversi. «Attualmente abbiamo raccolto circa 1.600 adesioni – ha detto Guidi -, una cifra che dovrebbe rispecchiare il 70% del totale ma che, contemporaneamente, tenderà a diminuire. Molti professionisti sono prossimi alla pensione e, di conseguenza, nel giro di una decina di anni assisteremo ad un’uscita di scena di molti tecnici ortopedici. Per questo motivo, stiamo già lavorando con le università affinché sia implementato il numero di studenti ammessi in ogni singolo ateneo, per riuscire quantomeno a rispondere all’attuale fabbisogno».
E se la categoria ha accolto favorevolmente la legge Lorenzin, votata dall’ultima legislatura, lo stesso non si può dire del lavoro di revisione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza), compiuto dallo stesso Governo. «Il nuovo nomenclatore ha introdotto evidenti cambiamenti sia nelle modalità di tariffazione che di erogazione di ortesi, protesi e ausili tecnici – ha spiegato Elisabetta Ronchetti, segretario nazionale Fioto, la Federazione Italiana degli Operatori nelle Tecniche Ortopediche –. In particolare, la novità più devastante è stata la riclassificazione delle prestazioni professionali delle nostra categoria. Gli attuali elenchi prevedono solo due macrofamiglie di dispositivi: il primo comprende “il su misura in senso stretto” e il secondo sia tutto ciò che prima era definito “predisposto adattabile”, che il “finito tal quale”. Una suddivisione che non trova riscontro nella realtà, perché gli ausili indicati in quest’ultimo elenco non sono di fatto cedibili “tal quali”, ma hanno quasi sempre bisogno di essere personalizzati. Pensiamo ad un busto di stoffa con stecca o ad alcune carrozzine. Con i nuovi Lea si è standardizzata la disabilità ed, invece, ogni disabile ha bisogno di una risposta funzionale specifica per la sua patologia e per la sua statura». Facciamo un esempio concreto: «Le nuove disposizioni – ha detto il segretario generale Fioto – prevedono che le carrozzine super leggere siano acquistate a gara dalle Asl. Ma se un’azienda sanitaria compra un lotto di carrozzine con “seduta di misura 50” come fa ad adattarla ad una paziente molto magro, per il quale sarebbe eccessivamente grande o, al contrario, ad un paziente obeso? Come è possibile quindi – ha chiesto ancora Ronchetti – predeterminare nel capitolato di gara la scelta di dispositivi che verranno poi concretamente impiegati sul paziente? Non essendo ancora stato implementato il repertorio dei presidi protesici ed ortesici erogabili dal SSN, oggi, secondo la codifica applicata dai nuovi Lea, all’interno di una determinata categoria di Dispositivi medici – identificata da un codice di riferimento – è possibile ricomprendere una sterminata gamma di prodotti, che presentano tra di loro notevoli differenze di prezzo, dimensioni, fabbricazione, qualità e altro. Di qui, l’impossibilità di costruire dei capitolati di gara particolareggiati, per quei dispositivi che richiedono un adattamento ad opera di uno specialista, non potendosi determinare a priori le caratteristiche di personalizzazione di cui necessiterà un singolo paziente».
Ma non è tutto: «Con la nuova revisione dei Lea – ha aggiunto Ronchetti – sono stati totalmente eliminati dall’elenco dei dispositivi, finora erogabili in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale, che il Ministero ha ritenuto soggetti ad iperprescrizione. Tra questi ci sono anche le calzature ortopediche di serie e i plantari predisposti che, per la prevenzione e il trattamento del piede diabetico, rappresentano la migliore risposta funzionale. Della questione è stata a suo tempo investita la Commissione Nazionale di Aggiornamento dei Lea che, annualmente, è chiamata a revisionare i Lea. Ad oggi senza alcun riscontro».
Per la categoria dei tecnici ortopedici è dunque necessaria un’ulteriore revisione degli elenchi, «con l’auspicio che questa volta – ha specificato il segretario Fioto – le Istituzioni diano maggiore ascolto alle proposte avanzate dai professionisti sanitari, coinvolti a vario titolo».
Ma questa non è l’unica richiesta che arriva dalla categoria: i tecnici ortopedici chiedono di essere inseriti all’interno del Sistema Sanitario Nazionale. «Attualmente – ha detto Silvia Guidi, presidente Antoi – se un medico prescrive un ausilio può ricevere un parere tecnico solo dallo stesso venditore. Nella figura di un solo tecnico ortopedico, in altre parole, coincidono due funzioni, quella di consulente e di fornitore, generando un evidente conflitto d’interesse. Garantire la presenza di un professionista all’interno del SSN non solo offrirebbe una maggiore qualità e trasparenza per i pazienti, ma permetterebbe anche di implementare la ricerca alla quale nel privato, per una naturale esigenza di ottimizzare di tempi e risorse – ha concluso Guidi – ci si dedica sempre troppo poco».