«Ceppo A/H3N2 particolarmente ostico con vaccino parzialmente efficace: probabile secondo picco fine gennaio con code influenzali imprevedibili…» così il Direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità
«Un virus particolarmente aggressivo quello che ha colpito l’Australia e che si sta diffondendo anche nel Regno Unito, per adesso pochi casi in Italia e non particolarmente allarmanti ma è ancora presto per un bilancio definitivo…». È prudente nel fare previsioni Giovanni Rezza, Direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, riguardo ‘l’influenza australiana’ che ha colpito più di 5 milioni di persone, causato centinaia di decessi e messo a dura prova il Sistema Sanitario del Paese.
«In Italia stanno circolando diversi virus – prosegue l’infettivologo – almeno due di tipo B, un virus di tipo A-H1N1 (il post pandemico 2009 leggermente mutato) e appunto questo particolare virus A sottotipo H3N2 che sta dando molti problemi in Inghilterra e prima ancora in Australia. Tuttavia in Italia sta circolando poco, nelle prossime settimane molto dipenderà anche da cosa faranno gli altri ceppi virologici. In ogni caso è difficile fare previsioni accurate poiché il virus influenzale è estremamente variabile».
LEGGI ANCHE: ECCO TRE SINTOMI PER RICONOSCERE IL MALE DI STAGIONE. INTERVISTA A FABRIZIO PREGLIASCO
«La verità è che per questo particolare ceppo ‘australiano’ il vaccino è solo parzialmente efficace», aggiunge Rezza ribadendo tuttavia che in generale la profilassi antinfluenzale è estremamente consigliata soprattutto per le categorie più fragili. «Certamente la copertura rappresenta una sicurezza in più – spiega – sebbene sia consigliabile fare il vaccino all’inizio della stagione influenzale (novembre/dicembre), visto che gli anticorpi diventano operativi a due settimane circa dalla somministrazione. Ma non è mai troppo tardi: meglio la profilassi tardiva invece di una mancanza totale di copertura, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione».
Per quanto riguarda la curva epidemica l’influenza cresce o decresce? «Il picco sta arrivando – sottolinea l’infettivologo – magari fra una settimana o due, dopo di che vedremo quanto sarà lunga la coda influenzale. In teoria, da manuale, il virus influenzale segue questo iter: comincia a circolare sotto le vacanze di Natale e si ha un picco intorno a fine gennaio e inizio febbraio, tuttavia l’anno scorso questo picco è arrivato prima delle previsioni e sembra che altrettanto stia succedendo quest’anno. Purtroppo l’attività influenzale quest’anno è maggiore rispetto al 2016/2017, tanto è vero che abbiamo già superato il picco dello scorso anno e probabilmente quest’anno sarà anche più alto».
Vista la grande emergenza, sotto le feste e dall’inizio del 2018, le code al Pronto Soccorso si sono ingrossate e le chiamate ai numeri d’emergenza sono vertiginosamente aumentate «La situazione è abbastanza complessa da gestire – prosegue Rezza – io ritengo che serva un filtro a monte: occorre prima rivolgersi al medico di base se non si tratta di pazienti che appartengono a categorie a rischio. Occorre sapere che l’influenza, comunque sia, provoca una brutta febbre elevata per 4/5 giorni, ma non serve allarmarsi, serve riposo e assumere farmaci antipiretici (paracetamolo per esempio), non c’è altro da fare».
LEGGI ANCHE: INFLUENZA, TRE MILIONI DI ITALIANI A LETTO. MA QUANTI ERANO NEGLI ANNI PASSATI?
«Gli antibiotici vanno presi solo dopo complicanze batteriche – conclude – certamente quando viene colpita una persona ad alto rischio di complicanze, un controllo da parte del medico di base o anche il ricovero all’ospedale può essere necessario, ma a parte questi casi, l’importante è stare tranquilli che tutto si risolve più o meno velocemente».