In questo momento di particolare crisi purtroppo si sono manifestate quelle che erano e sono le deficienze del Servizio sanitario nazionale dettate da alcune politiche sbagliate del passato ma anche da una crisi economica che ha portato a piani di rientro e a un blocco delle assunzioni. È stato privilegiato l’aspetto economico rispetto a quello […]
In questo momento di particolare crisi purtroppo si sono manifestate quelle che erano e sono le deficienze del Servizio sanitario nazionale dettate da alcune politiche sbagliate del passato ma anche da una crisi economica che ha portato a piani di rientro e a un blocco delle assunzioni. È stato privilegiato l’aspetto economico rispetto a quello sanitario. Questo si è trasformato non in un risparmio ma in un bagno di sangue perché se andiamo a vedere quello che abbiamo risparmiato in sanità e quanto abbiamo bruciato nelle borse o col debito pubblico in questi giorni, non c’è paragone. Se avessimo gestito in maniera più oculata la sanità privilegiando il bisogno di salute dei cittadini piuttosto che il bisogno di far quadrare i bilanci oggi parleremmo di qualcosa di diverso.
In questo momento si sta potenziando l’attività del territorio, che è quella che sicuramente è stata declamata e annunciata più volte ma mai realizzata. Abbiamo sino ad oggi di fatto avuto una politica ospedalocentrica con la massima espressione in Lombardia ma, dopo l’emergenza Covid, abbiamo visto anche il fallimento di questo sistema. Regioni che hanno una buona sanità territoriale, come ad esempio il Veneto, oggi stanno addirittura meglio, anche sotto un aspetto epidemiologico, del Lazio.
Potenziata la Medicina generale con la creazione delle USCA ora manca la medicina specialistica. In questo settore sono stati investiti solo 6 milioni di euro per aumentare le ore di specialistica. Ma senza specialistica non si fa territorio, a meno che non vogliamo curare i diabetici, i cardiopatici, i nefropatici, quelli che hanno la bronchite cronica ostruttiva solo con la medicina generale e l’infermiere di famiglia. Se noi non mettiamo gli specialisti, e queste sono patologie croniche legate a un monitoraggio specialistico, non ci siamo. Dobbiamo in qualche modo potenziare anche quella. Altrimenti medici, infermieri e pazienti potranno trovarsi in difficoltà. Quello che manca è potenziare la specialistica ambulatoriale in una situazione di lavoro in equipe. Gli MMG sono il primo accesso al Servizio sanitario nazionale, gli specialisti come supporto alla Medicina generale quando c’è bisogno di una consulenza specialistica e quando bisogna seguire sul territorio i malati cronici anche complessi. Questo per quanto riguarda cura e diagnosi. Per l’assistenza ovviamente la parte infermieristica è essenziale per creare un ragionamento di sistema.
Bisogna abbandonare l’idea che è il rapporto giuridico degli operatori che fa l’efficienza del sistema: non è il rapporto giuridico ma la capacità professionale che ognuno ha. Dobbiamo abbandonare l’idea che il dipendente è meglio del convenzionato o viceversa. Quello che conta è il professionista, dobbiamo qualificare sempre di più l’attività professionale, non il rapporto giuridico. In questa fase abbiamo avuto delle differenze enormi: abbiamo dato degli incentivi al personale dipendente che ne aveva necessità, ed è stato un bene, ma ci siamo scordati di tutti i convenzionati.
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