La spaventosa estensione dell’epidemia che il nostro Paese ha vissuto e vive in questi mesi ha messo sotto accusa il Sistema sanitario nazionale e regionale, senza distinzioni di sorta. Anche coloro che non hanno avuto remore a piegarsi ai diktat di chi impoveriva il sistema sanitario di mezzi e risorse, oggi ha dovuto ammettere che, […]
La spaventosa estensione dell’epidemia che il nostro Paese ha vissuto e vive in questi mesi ha messo sotto accusa il Sistema sanitario nazionale e regionale, senza distinzioni di sorta. Anche coloro che non hanno avuto remore a piegarsi ai diktat di chi impoveriva il sistema sanitario di mezzi e risorse, oggi ha dovuto ammettere che, se l’Italia sta uscendo con ottimi risultati dalla pandemia, è solo grazie a molti Presidenti di Regione che nonostante l’emergenza e le carenze del Governo, hanno svolto un lavoro encomiabile e al ‘fattore umano’. È, infatti, solo grazie alla professionalità e alla straordinaria carica umana di medici e infermieri, grazie al sapere e all’intuito dei nostri ricercatori che abbiamo potuto dare quelle risposte che i cittadini si aspettano da un sistema sanitario di una grande democrazia occidentale qual è la nostra.
Bisogna ringraziare dal profondo del cuore i professionisti che sono in prima fila a lavorare per tirare fuori dalla malattia i pazienti affetti da Covid-19. Senza il loro apporto il servizio sanitario si sarebbe liquefatto con disastrose conseguenze, accompagnate da polemiche aspre, contrasti accesi, talvolta strumentali, tra poteri locali e governo centrale.
Sono decenni che la sanità in Italia è stata colpevolmente trattata come un gigantesco carrozzone funzionale solo a distribuire incarichi. Pochissime risorse invece sono state destinate all’edilizia sanitaria, alla assunzione di nuovi medici, perfino all’acquisto di quei minimi dispositivi di sicurezza che, se fossero abbondati ovunque, da Nord a Sud, forse avrebbero maggiormente tutelato i nostri operatori dai rischi del contagio.
Ma non è il momento di ricordare quello che non ha funzionato, quello è sotto gli occhi di tutti. Questo è il momento di proporre ed è per questo che, conclusa l’esperienza dell’epidemia di Covid-19, si dovrà ripensare nell’ambito di un riformato welfare il nuovo Servizio sanitario, che tuteli concretamente la salute dei cittadini, qualificando la spesa e migliorando le prestazioni.
L’Italia ha bisogno di costruire un progetto che guardi non a domani ma ai prossimi 50 anni. Occorre sburocratizzare, ridurre e non duplicare norme e soprattutto applicare le leggi esistenti utili.
In questa prospettiva non possiamo pensare di dar spazio a ideologismi o cieche rivendicazioni politiche: l’unità nazionale in sanità e il rispetto per le istituzioni dovranno rappresentare certezze, prerogative e non ambizioni.
Andrà definito un vero processo di razionalizzazione che non si riduca alla solita spending review e ai tagli lineari ma ad un percorso di ridefinizione delle funzioni. Andranno scelti i migliori e non i fedeli, andando oltre lo spoil system. Un vero statista sa che sono le donne e gli uomini ombra a fare la differenza. Chi saprà delegare, fidarsi e attorniarsi di menti brillanti e professionalità riconosciute sarà in grado di ridisegnare le sorti dell’Italia.
Il sistema non potrà continuare a girare solo sull’ospedale come perno principale. Ne saranno necessari altri due: una medicina territoriale organizzata, fatta di distretti, ambulatori, assistenza domiciliare, gestione delle cronicità, vicinanza ai più deboli e residenze sociosanitarie, che in alcune parti del Paese non esistono proprio o sono molto insufficienti e quello rappresentato da tutto quello che potrà essere fatto a casa attraverso la tecnologia. E poi servirà accogliere la nuova sfida rappresentata dalla telemedicina. L’emergenza mondiale ha riportato l’attenzione sul dibattito legato all’importanza di questa nuova frontiera della scienza medica. Stanno emergendo infatti risultati significativi riguardanti l’uso di tale tecnologia e non possiamo più ignorarli. Anzi occorre incentivarli grazie anche al ruolo dei medici di medicina generale che, sono certa, saranno in grado di compiere nuovi miracoli.
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