Per pensare alla sanità post emergenza bisogna innanzitutto guardare a cosa avviene nei territori. Penso a quello della Asl al cui interno è compreso il Comune di cui sono sindaco, Borgosesia: sono stati chiusi dei plessi ospedalieri, riconvertiti in seguito in Poliambulatori. In questi plessi ospedalieri, come credo avvenga anche in altre parti d’Italia, abbiamo […]
Per pensare alla sanità post emergenza bisogna innanzitutto guardare a cosa avviene nei territori. Penso a quello della Asl al cui interno è compreso il Comune di cui sono sindaco, Borgosesia: sono stati chiusi dei plessi ospedalieri, riconvertiti in seguito in Poliambulatori. In questi plessi ospedalieri, come credo avvenga anche in altre parti d’Italia, abbiamo giù inaugurato dei reparti Covid e post Covid con pochi posti letto ma che comunque rappresentano un segnale di come si può ripartire dopo questa grande emergenza. Ad oggi, soprattutto in Piemonte, gli ospedali erogano solo servizi in urgenza, sono state bloccate le visite programmate, tutto ciò che non è urgente è stato posticipato a fine emergenza. Bisogna attrezzarsi affinché, in caso di una possibile seconda ondata e con il supporto di tutte le protezioni, i Dpi e la mentalità con cui affronteremo il futuro, i casi che ci saranno possano essere gestiti in queste strutture riconvertire per permettere alle strutture ospedaliere di fare quello che hanno sempre fatto. Anche perché non si muore solo di Covid. Il grido di allarme soprattutto dei Cardiologi, ma anche di altri specialistici, segnala che il rinvio sine die delle visite abbia provocato un incremento di morti anche in altri ambiti medici.
Un capitolo a parte merita la medicina del territorio. Credo che la scarsa presenza di medici di famiglia, soprattutto in alcune aree del nostro territorio, non permetta di gestire al meglio alcune situazioni. Un medico dovrebbe gestire 1500 pazienti ma sappiamo tutti che, con la carenza dei camici bianchi che abbiamo, in realtà questi medici ne gestiscono molti di più di 1500.
Per questo io ho presentato due proposte: una era l’abolizione del numero chiuso alla Facoltà di Medicina. La seconda una riforma completa delle scuole di specializzazione. È impensabile che ogni anno vadano in pensione circa 10mila medici mentre l’aumento delle borse di specializzazioni sia di 7-8mila unità. L’aumentato strutturale del numero delle borse di specializzazione è ormai non più rinviabile.
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